AGI - Quest'anno Babbo Natale arriva anche a Betlemme grazie all'Italia, per far visita a dei bambini speciali: sono i piccoli pazienti del Beit Jala Hospital della cittadina a sud di Gerusalemme, l'ultimo ospedale pubblico rimasto in Palestina per la cura del cancro pediatrico. In questi giorni stanno ricevendo la visita a sorpresa di Santa Claus in persona, con tanto di doni e campanella. L'iniziativa è promossa dalla fondazione italiana Soleterre. "Dal Natale scorso, a seguito del conflitto in corso, la comunità cristiana ha sospeso le celebrazioni del Natale in rispetto delle vittime proprio a Betlemme, una delle città in cui vivono più palestinesi cristiani e uno dei più importanti luoghi sacri al mondo per i cristiani - spiega all'AGI la fondazione, che si occupa di supporto psicologico internazionale alle vittime di guerre e poverta' -. Abbiamo pensato che, però, non c'è Betlemme senza Natale: stiamo quindi organizzando una festa per bambini, famiglie, staff medico e psicologico per regalare loro momenti di svago e serenità e riconoscere alle famiglie un contributo per far fronte alle spese e alle difficoltà economiche che stanno vivendo a causa del conflitto".
"La violenza e il trauma psicologico a cui sono esposti i bambini in Palestina ha raggiunto negli ultimi mesi livelli di intensità inediti. Durante i conflitti il rischio di morire a causa degli attacchi al sistema sanitario aumenta - spiega all'AGI lo psico-oncologo e psicoterapeuta di guerra Damiano Rizzi, cofondatore di Soleterre -. L'escalation di violenza non deve interrompere le cure dei bambini malati, in particolare quelli colpiti dal cancro. Qualsiasi sia lo scenario politico e sociale, la protezione dei minori e le cure mediche e psicologiche non debbono mai essere interrotte". La festa di Natale per i piccoli pazienti del Beit Jala Hospital rientra nell'ambito del più vasto progetto 'Every Child in life and peace', realizzato dalla Ong con il supporto di 'EveryChild Is My Child' e con la collaborazione di Palestine Children's Relief Fund e Volontariato Internazionale per lo sviluppo, con l'obiettivo di assistere in un anno circa 120 bambini malati di cancro con le loro famiglie. Tante le storie di bambini sostenuti dal progetto. C'e' Zaina, che ha superato la paura degli aghi e adesso riesce a ricevere le cure di cui aveva bisogno da tempo. C'è Rose, che con la terapia del gioco ha imparato ad accettare la malattia e, di conseguenza, ad affrontarla. E' ancora Ibrahim, che attraverso la terapia dell'arte e' riuscito anche a reintegrarsi nel tessuto scolastico, dove tendeva a isolarsi a causa della chemioterapia.
Presidente di 'Every Child Is My Child' è l'attrice Anna Foglietta, che all'AGI spiega: "Every Child in life and peace è un progetto a cui sono molto legata perché siamo riusciti a finanziare l'ultimo ospedale pediatrico oncologico presente in Cisgiordania e il risultato negli ultimi sette mesi, ossia nel periodo in cui abbiamo coperto le spese dell'ospedale, si sono visti innanzitutto con la presenza della psico-oncologa che ha avuto una ricaduta in termini di guarigione sui bambini ma anche di sopportazione di questo grave fardello che devono portare, purtroppo, sulle loro spalle le famiglie di questi bambini perché non sono soltanto afflitti dalla malattia ma soprattutto da una condizione di guerra che li mette a dura prova".
"C'è una grande rete di persone estremamente generose che hanno capito l'importanza di sostenere questo progetto. Quindi non è vero che il mondo è morto, il mondo è molto vivo e sa che si deve muovere a favore dell'infanzia", aggiunge la 45enne attrice romana. Le attività consistono nell'offrire supporto psicologico per la cura del trauma infantile a bambini, genitori e personale sanitario, garantendo inoltre la fornitura diretta di farmaci, chemioterapie e medicinali essenziali e salva-vita. Il progetto, inoltre, prevede l'erogazione di attività educative e di animazione in ospedale, parallelamente all'accoglienza di famiglie indigenti residenti lontano dalla struttura sanitaria. Le famiglie con bambini malati di cancro, infatti, provengono soprattutto dal Centro e dal Sud della Cisgiordania, ma alcune anche da luoghi più distanti.
La maggior parte di loro si organizza per gli spostamenti, ma, con i problemi di mobilitazione legati alla guerra, molte famiglie sono costrette a trovare, a loro spese, una sistemazione vicina ai reparti di cura. Inoltre, presso il Beit Jala Governmental Hospital non è possibile eseguire radioterapie e trapianti di midollo, situazione che rende necessario raggiungere ospedali privati a Gerusalemme Est dove le cure sono a pagamento. "Le strutture sanitarie pediatriche nella Striscia di Gaza sono state completamente distrutte e i bambini con malattie croniche evacuati o costretti a restare senza cure - raccontano ancora dalla fondazione -. A questo si somma il costo per i trasporti e un alloggio vicino all'ospedale, totalmente a carico delle famiglie, che spesso provengono dalle zone più remote della Palestina". Il reparto del Beit Jala Hospital, diretto dal dottor Mohammed Najajrah, principale oncologo in Cisgiordania, conta ad oggi 18 posti letto: 14 nel reparto per degenti e quattro nel day-hospital. In questi giorni, però, c'è un ospite in più tra le corsie, con la barba, il vestito rosso e tanti regali. Ad annunciare il suo arrivo, il tradizionale e allegro scampanellio. Che, almeno per un attimo, sembra coprire il suono della guerra.