AGI - Ha scelto il giorno del suo 84esimo compleanno per andarsene. Paolo Pillitteri è stato il sindaco negli anni della "Milano da bere", città simbolo negli anni '80 di un Paese che forse viveva al di sopra delle proprie possibilità ma che guardava al futuro con speranza. Famiglia di origine siciliana, era nato nel 1940 in provincia di Varese nel pieno della Seconda guerra mondiale, ma è a Milano che lega indissolubilmente il suo nome. Sposa nel 1965 sposa Rosilde Craxi, la sorella di Bettino, morta poi nel 2017. A Bettino lo unirà un sodalizio non solo familiare ma anche politico.
Socialdemocratico, nel 1975 lascia il Psdi assieme ad altri due consiglieri comunali, per aderire al Partito socialista, e consente il 'ribaltone' che mette la Dc in minoranza e permette la creazione di una giunta comunale Psi-Pci guidata da Aldo Aniasi e poi da Carlo Tognoli. Prima assessore, poi parlamentare, nel 1986 diventa sindaco di una giunta pentapartito, la stessa formula politica che a livello nazionale sostiene il governo Craxi. Già dopo un anno, però, Pillitteri mette la Dc all'opposizione e vara una nuova giunta con comunisti e verdi. Fa molto scalpore, durante il suo mandato, lo scontro con un sindacato dei tranvieri Atm, vicino alla Lega. La protesta, con relativo blocco dei trasporti, era scattata per la presenza di un bivacco di cittadini extracomunitari vicino al deposito di via Palmanova. Pillitteri accusa i manifestanti di essere "la vergogna di Milano" e "fascisti, nazisti, squadristi" e "straccioni"
I suoi anni a Palazzo Marino coincidono con l'immagine di una Milano "positiva, ottimista, efficiente", come la definisce una fortunata pubblicità dell'amaro Ramazzotti, quella sulla 'Milano da bere'. Il cinema racconta una città rampante e agiata, tra 'yuppies', paninari e sfilate di modelle. All'inizio del 1992 Pillittreri deve lasciare la carica di sindaco per contrasti interni alla maggioranza e alle elezioni politiche è confermato parlamentare. Ai primi di maggio, pero', riceve un avviso di garanzia che di fatto mette fine alla sua carriera politica. Come succederà a Craxi di lì a qualche mese. Pillitteri è accusato di ricettazione, assieme a Tognoli, nell'ambito dell'inchiesta di Mani Pulite, che travolgerà i partiti della Prima Repubblica. Per quella vicenda Pillitteri viene poi condannato nel processo Aem, ottenendo la riabilitazione nel 2007 e tornando quindi incensurato. Da altri tre processi in cui è coinvolto esce immacolato.
Nel 2000, quando ancora gli rimane parte della pena da scontare per il processo Aem, la Procura generale di Milano gli vieta di partecipare ai funerali del cognato Bettino Craxi, che si svolgono a Tunisi. Pillitteri dice essere "senza parole" e fa sapere: "Vorra' dire che il fiore che volevo portare a Bettino, lo portero' domenica al Monumentale sulla tomba di Filippo Turati. Anche lui morto in esilio". Pillitteri era un uomo con tanti interessi, non solo in politica. Era giornalista (ha scritto per l'Avanti! ed è stato condirettore dell'Opinione delle liberta'). Grande appassionato di cinema, di cui ha insegnato la storia alla Libera università di lingue e comunicazione. Ha scritto diversi saggi, soprattutto di carattere politico e cinematografico.
La sua morte è stata comunicata sui social dal figlio Stefano, avvocato ed ex assessore milanese, che ha lamentato "un decennio di persecuzione giudiziaria" verso il padre. Lo hanno ricordato anche i nipoti, figli di Bettino Craxi, Stefania ("era parte della famiglia, spronava a essere coraggiosi") e Bobo (Non difettò mai di ironia intelligente anche nei momenti più bui"). Per l'ex sindaco Giuliano Pisapia "è stato un autentico socialista riformista" che "ha cercato di trovare risposte verso gli ultimi".