AGI - Ergastolo o una condanna inferiore, difficilmente a meno di 30 anni di carcere. Sarà uno di questi oggi il verdetto del processo a Filippo Turetta reo confesso dell'omicidio di Giulia Cecchettin e tutto dipenderà dalla valutazione che la Corte d'Assise di Venezia, presieduta dall'esperto giudice Stefano Manduzio, darà delle tre aggravanti di premeditazione, crudeltà e stalking, contestate dalla Procura, e della concessione o meno delle attenuanti generiche.
Su questi temi si sono battuti in aula il pubblico ministero Andrea Petroni e gli avvocati Giovanni Caruso e Monica Cornaviera in un processo che, su sollecitazione della difesa e col consenso dell'accusa, si è svolto in sole quattro udienze senza l'ascolto di testimoni, investigatori e consulenti.
Dunque, la premeditazione. Petroni non ha manifestato dubbi arrivando a definirla un "caso di scuola" soprattutto per la "lista delle cose da fare" che l'imputato aveva scritto e modificato più volte dal 7 novembre fino all'11 novembre 2023, giorno dell'omicidio. "Tra i beni strumentali alla commissione del reato aveva previsto: di acquistare una cartina geografica per la fuga; di recuperare uno zaino grande; di procurarsi dei coltelli, uno trovato nello zaino e l'altro in un astuccio rosso sulla Grande Punto; di effettuare il pieno di benzina per la fuga; di munirsi di scotch, prelevare denaro contante per non utilizzare metodi di pagamento elettronici evitando di essere tracciato negli spostamenti; di preparare le provviste utili alla fuga, sacchi dell'immondizia per coprire il corpo di Giulia, la corda per legarla, un calzino inumidito per farla tacere". Sempre nell'elenco, e ciò a dimostrazione di una ferma intenzione di uccidere secondo il pm, Turetta annota le "modalità esecutive": "legare caviglie, sotto e sopra ginocchia, bloccare la portiera della Punto, silenziarla puntando il coltello, applicare nastro adesivo in bocca, mani, caviglie, ginocchia".
La volontà di ammazzare Giulia non recede nemmeno dopo che lei lo invita a incontrarsi, il 9 novembre. Nella lettura di Petroni "il momento in cui pianifica ed esegue l'omicidio è perfettamente coerente con le sue ossessioni, le sue idee e in ultima analisi con gli eventi che danno origine a una reazione aggressiva ma ponderata confluita nella meticolosa ideazione dell'omicidio". Caruso ha ribattuto che "se c'è una personificazione dell'insicurezza, dell'indecisione e della mancanza di personalità, quello è Filippo Turetta: è insicuro se fare gli esami universitari, se riprendere a giocare a pallavolo, se Giulia è ancora innamorata di lui. La premeditazione non c'è perché non si osserva una volontà costante di uccidere".
Anche la "lista delle cose da fare" viene letta dal professore di diritto penale come una dimostrazione della non premeditazione. "Calzino umido in bocca, togliere le scarpe, legare caviglie sotto e sopra ginocchia, chiudere porta dell'auto. Sono elenchi di chi vuole uccidere? Chiudere la porta perché non scappi una persona morta?. Il pm dice che voleva sequestrarla per poi ucciderla, facendo un salto storico e facendogli fare due parti 'in commedia', o voleva sequestrarla o voleva ucciderla. Non è una premeditazione, è piuttosto un 'vediamo come va'".
Per il rappresentante dell'accusa, Turetta ha agito con crudeltà, infierendo col coltello per 75 volte, perché sarebbe andato ben 'oltre' una condotta necessaria per togliere la vita a Giulia. "Le lesioni necessarie per causare la morte sono due, gran parte di esse esula a quanto necessario per compiere il reato e sono caratterizzate dalla brutalità più che dalla rabbia". Inoltre, la crudeltà verrebbe provata dal fatto che sul corpo di Giulia "c'erano almeno 25 ferite da difesa" e sfregi sul sopracciglio e sul volto.
Secondo Caruso invece "è un omicidio efferato ma Turetta non ha agito con crudeltà". "Non è un killer professionista, che sa come prendere subito la giugulare, colpisce alla cieca. Chi non ha mai usato un'arma bianca comincia con colpi di assaggio e di punta". Per convincere i giudici che l'omicidio sia stato preceduto da 'atti persecutori' cominciati un anno prima, Petroni ha letto in aula numerose chat e messaggi che si sono scambiati i due ragazzi. "Maledetta che sei, mi fai pena, sei ridicola. Mi devi tenere traccia della tua giornata, sei una stronza", scriveva Turetta a Cecchettin nel febbraio del 2023 dopo averle chiesto di ritardare il percorso universitario, più brillante del suo, per laurearsi insieme, ricevendo il rifiuto della ragazza. In seguito, Turetta dice a Giulia di volersi suicidare "ma solo per farla sentire in colpa".
Le loro non erano "normali liti in una coppia ma azioni di molestia, sopraffazione e controllo da parte dell'imputato" che sarebbe stato anche "fisicamente violento" come quando avrebbe cercato degli approcci fisici indesiderati generando in lei "un'angoscia pazzesca". Due giorni prima dell'omicidio, il pm indica come "rilevante" il fatto che alle insistenze di Turetta affinché Cecchettin riattivasse la possibilità di visualizzazione degli ultimi accessi su whatsapp, lei rispose: "Va bene, ma dopo la laurea faccio quello che voglio e non rompi più il cazzo". La ragazza era inoltre assediata anche "dalle richieste di riferirgli tutto e non uscire sola con le sue amiche".
Ma per Caruso gli 'atti persecutori' non ci sono stati: "La legge richiede la reiterazione delle condotte ed è indubbio che quelle di Turetta fossero ossessive, quasi da spettro autistico, come si evince dalle sue annotazioni, petulanti e insopportabili, ma occorre anche che nella vittima si ingenerino stati perduranti d'ansia e di paura che in questo caso non vedo". Giulia "non aveva paura di lui tanto è vero che è andata all'ultimo appuntamento. Lei non ha cambiato stile di vita, ha fatto gli esami, stava per laurearsi, andava con lui ai concerti e uno di questi era in programma anche in una data successiva all'omicidio. Giulia va dallo psicologo ma non risulta che gli dica di avere paura di Filippo, va per altre ragioni. Quando lei dice 'Filippo mi fai paura' lei intende che ha paura che lui si faccia del male".
Sulla commisurazione della pena, il pm non ha fatto esplicito riferimento alla possibilità delle attenuanti generiche ma è chiaro che non ritiene Turetta meritevole di averle. "Aveva tutte le possibilità e gli strumenti per scegliere perché andava a scuola, aveva tutte le possibilità e gli strumenti culturali per scegliere, non era come chi non ha mai avuto una possibilità o ha conosciuto la sopraffazione. E quanto alla giovane età, che secondo alcuni dovrebbe essere un motivo per non dargli l'ergastolo, nel nostro ordinamento esiste la possibilità che si possa accedere dopo 26 anni alla liberazione anticipata. La natura dell'ergastolo non è più quella pensata nel codice del 1930".
Secondo Cornaviera e Caruso invece "il legislatore fascista ha escluso che le 'tempeste emotive' determinate da un legame sentimentale possano far venire meno la capacità di intendere e di volere ma questo non significa che l'amore non produca anche sul piano chimico gli stessi effetti delle patologie mentali. Dobbiamo allora capire se gli stati emotivi e passionali possano incidere ai fini della commisurazione della pena. Filippo ha agito in preda all'emotività".
La difesa si richiama ad "acquisizioni scientifiche ormai certe per cui si sa che la maturazione completa della corteccia prefrontale, che governa il controllo degli istinti, avviene solo a 25 anni e Turetta ne ha 22. Cornaviera ha replicato ribattere al pm che ha dichiarato di essersi sentito "preso in giro" da Turetta per le sue bugie e omissioni valorizzando alcuni elementi. "Ha dato indicazioni utili alle indagini, ha rinunciato all'udienza preliminare consentendo un processo veloce, si è fatto interrogare subito dopo il suo arresto, ha chiesto scusa appena è stato fermato in Germania. E nemmeno si può dire che fosse reticente. E' vero che in aula ha mostrato un eloquio titubante ma quello è per la sua perenne insicurezza e timidezza". Inoltre, "non ha precedenti penali, è sempre stato un ragazzo tranquillo".