AGI - C'è il nastro rosso contro la violenza sulle donne appeso sulla porta della piccola aula laterale che s'incontra appena prima di varcare l'ingresso della Corte d'Assise di Venezia dove il pm Andrea Petroni chiede di condannare all'ergastolo Filippo Turetta per avere ucciso l'ex fidanzata Giulia Cecchettin. Ma la parola "femminicidio" il giovane magistrato la spende una volta sola ed è per mettere le mani avanti appena apre bocca: "In questa requisitoria non ci saranno riflessioni sui femminicidi come tematica, nessun riferimento alla giornata di oggi. In questa sede si accertano solo responsabilità individuali".
Non è la prima volta che cerca di mantenere fuori il "rumore" che ha scatenato questo delitto arrivando nelle piazze, nelle scuole, in Parlamento, diventando perfino murales col volto della ragazza che amava i fumetti in tante città del mondo, come mostra da mesi la sorella Elena sui social. È una requisitoria asciutta e breve, poco più di due ore, tutta protesa a spazzare via eventuali dubbi alimentati dalla difesa sulle aggravanti della premeditazione e della crudeltà, quelle decisive per ottenere la pena più severa. Filippo Turetta è "l'imputato", Giulia Cecchettin "è la parte offesa": i loro nomi vengono pronunciati di rado dal pm. Petroni evoca il contesto culturale in cui è cresciuto l'imputato solo per escludere le attenuanti generiche, non certo per individuare possibili falle sociali in cui potrebbe essere maturata la sua "ossessione" per essere stato lasciato.
"Nella scorsa udienza, il suo legale ci ha voluto spiegare chi era ma noi lo abbiamo capito benissimo. Turetta non è una di quelle persone in debito con lo Stato. Era di buona famiglia, andava nelle scuole che frequentano i nostri figli, aveva buoni voti. Si stava per laureare in una facoltà complessa, aveva la macchina e il motorino - è il profilo tracciato -. Aveva tutte le possibilità e le condizioni culturali per scegliere cosa fare". Per far capire bene i toni dei messaggi che i due ragazzi si scambiavano, e ci riesce davvero diffondendo tra i banchi l'angoscia di quelle conversazioni, Petroni calca con la voce quelli di Turetta, unica concessione alla teatralità, cercando di rendere il suo incalzare incessante, la pressione feroce nei confronti della ragazza. E per arrivare alla conclusione che, nella testa dell'imputato, esisteva un solo scenario possibile: uccidere Giulia.
Lo stalking comincia un anno prima, quando nell'autunno del 2022 un giorno si sfoga con le amiche: "Avevamo già avuto litigate identiche ma mi sono resa conto che ho avuto paura per le sue parole e i suoi gesti". "Messaggi pieni di errori di battitura e spesso in maiuscolo che trasmettono la rabbia che anima l'imputato quando li scrive", sottolinea il pm invitando i giudici a fare attenzione anche alla grafia sul cellulare come appariva agli occhi della vittima. "È una documentazione che testimonia che l'imputato non lasciava spazio alla parte offesa ed era in disaccordo col fatto che lei uscisse da sola con le amiche dell'università. Lui tende a monopolizzare l'attenzione, si devono sedere vicini durante le lezioni e anche a pranzo. Dopo che Giulia è uscita con le amiche, lui le scrive: 'Non mi chiami perché devi stare da sola e ti sfoghi con le persone che non sono io? Posso dirti una 'cosa pesantina?''.
Più la ragazza prende le distanze da lui, piu' brucia la sua ossessione. Lei esprime il suo disagio: "Mi fa schifo che non mi lasci fare la mia vita, mi fai stare male". Lui replica: "A me fai stare male il triplo". La relazione "comincia a degenerare l'11 febbraio 2023" in una chat in cui lui la tallona in modo cosi' insistente "che a un certo punto la sorella Elena le toglie il telefono di mano". Turetta "le chiede di rallentare i suoi studi affinché possano laurearsi insieme", poi la minaccia perché non gli dà retta: "Mi devi tenere traccia della giornata, devi mandami foto in continuazione. Se 'mi stacchi' ancora il telefono ti faro' pentire".
Il 30 luglio 2023 lei scrive a un amico: "È geloso quando esco con due nostre amiche perché sono anche amiche sue. Non ha mangiato niente per tre giorni". Lui la mette in guardia: "Ti sta manipolando" ma Giulia si preoccupa per lui e riferisce alla madre dei problemi di salute di Filippo. Ha paura: "Lui ha idee strane sul farsi giustizia e sulle torture". "Mi sembra difficile trovare una premeditazione più di questa, si parte non 12 ore ma quattro giorni prima, attraverso azioni eseguite quotidianamente - spiega Petroni addentrandosi in uno dei passaggi più attesi -. Sono azioni preparatorie ed esecutive, soprattutto in un rapporto costante con la persona offesa".
Il pm parla della 'lista delle cose da fare. "Ogni volta che viene allontanato reagisce eseguendo le cose della lista. La modifica alle 15.25 dell'11 novembre, poco prima di incontrarla l'ultimo giorno, perche' spunta le cose fatte, e la cancella alle 4.30, dopo l'occultamento del corpo. L'aveva creata mentre litigava in chat con la vittima, poi dal 9 all'11 ogni giorno ha eseguito alcuni di questi punti. Il piano ha seguito la lista e quando Turetta ha finito l'ha cancellata".
La mattina dell'omicidio, l'11 novembre 2023, ricorda, Giulia gli aveva scritto che sarebbero andati al centro commerciale 'Nave de Vero' insieme "ma voglio tornare a casa presto e se rompi le scatole torniamo presto, aveva messo in chiaro la studentessa. "Non ho più sentimenti per te, Pippo" aveva poi scolpito coi tasti del telefono. Per la crudeltà, Petroni insiste sulle 75 coltellate "prodotte con enorme forza e violenza" di cui 25 sferrate quando lei era ancora viva. "Sono ferite di difesa, indice di brutalità", l'imputato è andato ben oltre quello che era 'necessario' per uccidere.
Tutto quello che era contenuto nell'elenco è stato utilizzato da Filippo che ha nascosto il cadavere in una zona individuata anche attraverso le ricerche sul web "in una nicchia rocciosa che io non so come abbia fatto a individuare alle tre di notte. Se quella settimana avesse nevicato staremmo ancora cercando il corpo". I sacchi neri sono serviti a coprire il cadavere vicino al lago di Bracis. "L'imputato ha detto che gli servivano per mettere delle cose, ma è stato rinvenuto il rotolo lì vicino".
Petroni ha sostenuto di essersi sentito "preso in giro" da Turetta per le omissioni e le bugie negli interrogatori in carcere e in aula e di sentirsi invece "sereno" per avergli dato "tutte le possibilità" di raccontare quello che è successo. "Non è vero che voleva suicidarsi, lo ha detto per giustificare la fuga in chiave vittimistica e alla parte offesa lo diceva per manipolarla, come ha cercato di manipolare la magistratura".
Dopo il pm hanno parlato gli avvocati di parte civile chiedendo oltre due milioni di euro: Nicodemo Gentile che assiste Elena Cecchettin, la sorella di Giulia; Stefano Tigani per il padre Gino; Antonio Cozza per la nonna paterna Carla Gatto e Piero Coluccio per il fratello di Giulia, Davide, e lo zio paterno Alessio. "Noi siamo qui - è la tesi di Cozza - perché Giulia era una ragazza buona, avrebbe potuto allontanarsi da Turetta fino all'ultimo secondo ma non l'ha fatto per la paura che lui si facesse del male, probabilmente lui ha approfittato anche del momento di debolezza dopo la morte della madre di lei. Lo psicologo di Giulia, sentito come teste, ha detto che lei tendeva a mortificare le proprie aspettative anche attraverso lo studio congiunto con Filippo che le faceva trascurare la sua preparazione".
Turetta, che ha assistito muto e a testa bassa a tutta l'udienza, forse prenderà la parola domani, martedì, dopo le arringhe dei suoi legali, Giovanni Caruso e Monica Cornaviera. "L'ergastolo ha un margine di rieducazione - ha affermato Petroni, anticipando l'argomento della giovane età che potrebbe essere domani tirato in ballo dalla difesa per chiedere una pena meno implacabile -. Dopo 26 anni si può accedere alla liberazione anticipata".