AGI - Il pm Andrea Petroni ha chiesto di condannare all'ergastolo Filippo Turetta per l'omicidio di Giulia Cecchettin, col riconoscimento anche delle aggravanti della crudeltà e della premeditazione. Prima di chiedere la pena dell'ergastolo per Filippo Turetta, il pm Andrea Petroni ha spiegato che nel nostro ordinamento, come sancito dalla Corte Costituzionale, "è previsto che si possa accedere dopo 26 anni alla liberazione anticipata". "E' prevista la rieducazione anche nell'ergastolo - ha detto il magistrato confrontandosi col tema della "giovane eta'" dell'imputato -. La natura dell'ergastolo non è più quella pensata nel codice del 1930".
"Aveva gli strumenti per scegliere"
Nel valutare la possibile concessione delle attenuanti generiche a Turetta, il pm Andrea Petroni ha affermato che il giovane studente "non era una di quelle persone in debito con lo Stato". "Il suo legale ci ha voluto spiegare chi era Filippo Turetta, ma l'avevamo capito benissimo chi era. Era di buona famiglia, andava nelle scuole che frequentano i nostri figli, aveva buoni voti, si stava per laureare in una facoltà complessa, aveva la macchina. Turetta non è una di quelle persone in debito con lo Stato. Aveva tutte le possibilità e gli strumenti culturali per scegliere". Il pm lo distingue quindi da chi, per via di un percorso esistenziale più complesso, sceglie la "sopraffazione per risolvere i conflitti", non possedendo gli strumenti per orientarsi. E, prima di chiedere la pena più severa, si definisce "sereno" per avere dato tra l'altro a Turetta tutte le possibilità di dire la verità, cosa che a suo avviso il giovane non avrebbe fatto.
"La lista delle 'cose da fare'"
E' nella 'lista delle cose da fare' che il pm Petroni vede tutti gli elementi che lo portano a contestare la premeditazione. "Non c'e' nessuno scenario alternativo all'omicidio" e' la certezza del magistrato. Un elenco che continua ad aggiornare fino a due ore prima dell'omicidio dell'11 novembre 2023 per poi cancellarlo poco dopo il delitto. "Dal 7 novembre e ogni giorno continua a modificarla. Tra le cose da fare, che poi esegue pedissequamente, indica fare benzina per garantirsi la fuga, munirsi di sacchi dell'immondizia, procurarsi la corda per legare Giulia, toglierle le scarpe, procurarsi coltelli e nastri neri, cercare come navigare online senza essere trovato, comprare le mappe per scappare, fare ricerche online nei luoghi che poi sono stati quelli della fuga. Ogni giorno compie un'azione e questo nonostante il 9 novembre ottenga ciò che vuole dalla parte offesa, cioè la possibilità di vederla".
"Ultimo atto del controllo di Turetta su Giulia"
L'omicidio di Giulia Cecchettin ha rappresentato l'ultimo atto" del controllo che Filippo Turetta voleva esercitare sulla ragazza, ha detto Petroni che inquadra in questo contesto il delitto nei primi passaggi della requisitoria. "Il rapporto tra Giulia Cecchettin e l'imputato è caratterizzato da forte pressione, dal controllo sulla parte offesa, sulle frequentazioni e sulle amicizie, sulle uscite" argomenta il rappresentante dell'accusa. Nelle prime battute del suo intervento, Petroni ha voluto anticipare che "non ci saranno riflessioni sul femminicidio come tematica o alla Giornata di oggi, simbolo contro la violenza contro le donne, perché in questa sede si accertano solo responsabilità individuali'.
"Persecuzioni iniziate già un anno prima"
Già un anno prima di essere uccisa, Giulia Cecchettin era vittima di 'atti persecutori' da parte di Filippo Turetta. Petroni ricostruisce messaggio per messaggio le comunicazioni tra i due ragazzi per arrivare alla conclusione che "con ogni certezza, il reato di atti persecutori e diverse condotte di maltrattamenti erano già consumati". In particolare, il magistrato si riferisce alle "richieste ossessive di Turetta di stare sempre vicini, alle richieste di studiare insieme su zoom, alle richieste di martellanti di non uscire con tizio o caio". "Ci sono già i principi della violenza fisica, ci sono le minacce quando dice 'la mia vita è finita e anche la tua se non ci laureiamo insieme'". In conclusione, per il pm è "difficile trovare una premeditazione più provata di questa".
"Turetta non ha mai voluto togliersi la vita"
Filippo Turetta non ha mai realmente voluto togliersi la vita, anzi avrebbe cercato di manipolare non solo Giulia Cecchettin ma anche la magistratura cercando di giustificare la sua fuga in Germania col corpo della ragazza sostenendo di avere girovagato in auto per cercare il coraggio di farla finita, sostiene il pm. "La prospettazione del suicidio è fatta in modo esclusivamente ricattatorio e, per quello che riguarda la fuga in giro per l'Italia, a mio avviso lui parla della volontà di prendere tempo per trovare il coraggio di farla finita in chiave vittimistica. La verità è che è stata una fuga vera e propria". In ogni caso, aggiunge "che le minacce di suicidio fossero reali o meno sposta poco in tema di configurabilità del reato, quello che cambia è l'azione manipolatoria nei confronti della parte offesa che viene poi proposta anche nei confronti della magistratura".