AGI - Dal rimanere senza lavoro ad aprire una nuova sede e, in cinque anni, raddoppiare il numero dei lavoratori, dai 12 iniziali ai 24 di oggi: il piccolo grande miracolo di 'Ceramica Noi' di Città di Castello inizia nel 2019, quando agli operai di Ceramisia era stata comunicata la delocalizzazione in Armenia quello stesso agosto. Dopo i primi momenti di sconforto, messi di fronte alla possibilità di perdere il lavoro, i dipendenti hanno deciso di investire nel proprio futuro e nel futuro del territorio. Si sono uniti in cooperativa e hanno fondato Ceramica Noi, investendo il trattamento di fine rapporto e l'indennità Nuova Assicurazione Sociale per l'Impiego (Naspi), per acquistare i macchinari utilizzati dalla vecchia proprietà e affittare il capannone sostituendosi alla proprietà precedente per proseguire nella produzione di ceramica artigianale di lusso.
“Tutti per uno, un sogno per tutti“, recita lo slogan che hanno scelto di imprimersi sulla pelle con un tatuaggio. Undici artigiani che in pochi mesi sono riusciti a rimettere in moto il business, riconquistando alcuni dei precedenti clienti e conquistandone nuovi sul mercato. L'azienda oggi è una realtà in crescita che offre lavoro a 24 dipendenti tra cui 13 soci con un bacino clienti esteso su 4 continenti. Dipendenti che dal baratro della chiusura e della perdita del lavoro hanno trovato la forza di ripartire, grazie al supporto di Legacoop Umbria, investendo tutte le loro risorse economiche. E adesso nuovo capitolo: dopo 5 anni, con l’acquisto di una nuova “casa” propria per far continuare il sogno, anche grazie al potenziamento produttivo con macchinari sostenibili e all’avanguardia.
La strada, se possibile, è stata ancora più in salita per varie complicazioni “esterne”. Prima la pandemia a soli 6 mesi dall’apertura e poi la crisi energetica che è stata la più dura. Ma la cooperativa ha tenuto duro, tanto da essere citata anche dalla presidente della Commissione Europea, Ursula Von Der Leyen, nel suo Discorso sullo stato dell’Unione, come simbolo di resilienza per aver cambiato gli orari di lavoro pur di risparmiare sull’energia.
"Se riguardo indietro e penso al giorno quando mi comunicarono che avrei dovuto dire a tutti i dipendenti che l’azienda avrebbe delocalizzato in Armenia, mi viene da piangere", racconta presidente di Ceramiche noi, Marco Brozzi. "Adesso vedere quello che siamo riusciti a fare con le nostre forze è motivo d’orgoglio moltiplicato per 24", gli fa eco il responsabile marketing, Lorenzo Giornelli, "all’inizio siamo stati derisi e in parte umiliati. Il nostro slogan, che ci siamo tatuati perché credevamo con tutti noi stessi in questo progetto, provocava ilarità intorno. 'Dove vogliono andare questi?'. 'Che pensano di fare? Fra due mesi saranno chiusi'. Sono passati cinque anni. E siamo qui, tutti insieme. Il cinque è un simbolo antico, è il numero romano che rappresenta l'apertura di una mano, quella mano che unita a tutti noi, tutte le nostre mani assieme hanno creato questo sogno".