AGI - Una disgrazia, una fatalità, nessun gioco, soltanto un tragico incidente dettato dalla curiosità e dall'inesperienza. Renato Caiafa si trova in stato di fermo da ieri, dopo aver esploso un colpo di pistola che ha centrato in pieno viso il cugino Arcangelo Correra. Ha 18 anni, come la vittima, ed è indagato per omicidio colposo.
Sarebbe rimasto a piede libero, se il pm Ciro Capasso, che coordina l'indagine, non gli avesse contestato anche i reati di porto clandestino di arma e sparo in luogo pubblico. Ma l'arma non era di nessuno. Nessuno l'aveva portata in quello slargo alle spalle della centralissima via dei Tribunali, che è piazzetta Sedil Capuano e dove Arcangelo si è accasciato, colpito a bruciapelo. È una Beretta 9x21, una semiautomatica ed è stata trovata dalla polizia.
"Quella pistola era sotto un'auto, l'ho raccolta, maneggiata ed è partito un colpo. Non volevo, mi dispiace". Questo ha raccontato Renato Caiafa al pm e la sua versione, ora agli atti, dovrà essere confrontata con le altre attività di indagine: l'autopsia sulla giovane vittima anzitutto e poi una perizia sull'arma. E bisognerà incrociarla con quanto hanno riferito gli altri ragazzi che erano con Renato Caiafa e Arcangelo Correra. Perché i due cugini non erano soli quando è stato esploso il colpo e Arcangelo è stato caricato su uno scooter e portato all'ospedale Vecchio Pellegrini, poco distante, dove poi il 18enne è spirato.
Un'arma dunque trovata per caso, provata senza conoscerla e senza sapere che aveva un colpo in canna. È una versione che il legale del giovane, l'avvocato Annalisa Recano ribadisce con un'espressione secca e perentoria: "Una disgrazia".