AGI - I carabinieri del Ros di Roma hanno eseguito quattro arresti in relazione all'omicidio del sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, ucciso il 5 settembre 2010. Lo afferma in una nota il procuratore di Salerno Giuseppe Borrelli. C'è anche l'ufficiale dei carabinieri Fabio Cagnazzo tra i quattro destinatari del provvedimento cautelare. Oltre a lui, secondo quanto si apprende, ci sono l'ex brigadiere Lazzaro Cioffi, l'imprenditore Giuseppe Cipriano e Romolo Ridosso, pentito e ritenuto a suo tempo vicino a un clan locale.
Era la sera del 5 settembre di quattordici anni fa quando, a Pollica-Acciaroli, in provincia di Salerno, nove colpi di pistola uccisero Angelo Vassallo, il 'sindaco pescatore' cui si deve il decollo turistico di quell'area del Cilento. Vassallo, quella sera, era nella sua station wagon nella frazione costiera di Acciaroli. Stava rincasando, quando fu freddato dall'esplosione dei proiettili di una pistola 'baby Tanfoglio', poi mai ritrovata. Negli anni, le indagini della Procura di Salerno-Dda hanno contemplato varie piste, compresa quella relativa al fatto che Vassallo fosse stato ucciso perché considerato un ostacolo agli affari illeciti, in particolare di droga, nella località costiera cilentana che, d'estate, pullula di turisti. Il 28 luglio di due anni fa, su disposizione della Dda salernitana, fu eseguito un decreto di perquisizione e sequestro nei confronti di nove persone che erano indagate, a vario titolo, nell'inchiesta sull'omicidio. Oggi, con l'esecuzione dell'ordinanza che dispone la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di quattro persone, l'indagine potrebbe essere a una svolta.
Chi è Cagnazzo
"Io l'Arma ce l'ho stampata sul Cuore": questo era solito ripetere a uomini e conoscenti il colonnello Fabio Cagnazzo. Dal 2017 al 2020 l'ufficiale ha ricoperto il ruolo di comandante provinciale dei carabinieri di Frosinone. Tre anni di attività investigativa e operativa intensi e che hanno portato all'individuazione di due presunti assassini e all'accelerazione nelle indagini sull'omicidio di Serena Mollicone.
Una figura di spessore quella dell'ufficiale aversano, cresciuto nelle più storiche caserme d'Italia, figlio e fratello d'arte: il padre Domenico, già vice comandante generale dell'Arma e generale di Corpo d'Armata, fu colui che catturò Totò Riina. Il fratello gemello Massimo, anch'egli colonnello mentre un terzo fratello, Salvatore, e' stato capo ufficio Cerimoniale del Comando Generale. Una sorta di pedigree familiare che lo ha portato a una carriera fatta di successi.
A chi andava a fargli visita nel suo ufficio di viale Mazzini a Frosinone era sovente mostrare i tanti encomi ricevuti per aver arrestato criminali di spessore: Vincenzo Capone, inserito nell'elenco dei cento latitanti più pericolosi d'Italia e referenti di spicco del clan napoletano dei Crimaldi; Modestino Pellino, capo zona del clan Moccia; Stefano Ronga braccato a Formia e capofila del clan Ranucci. E poi c'e' stato lui, l'inafferrabile Pasquale Vargas del clan dei Casalesi e 'stanato' in un condominio di Giugliano in Campania. E infine i fratelli Russo. Gli ha dato la caccia per 15 anni cominciando da giovane capitano quando comandava la compagnia dei carabinieri di Nola