AGI - A quasi mezzo secolo dai fatti si celebrerà un nuovo processo per l'omicidio del carabiniere Giovanni D'Alfonso morto nella sparatoria alla Cascina Spiotta del 5 giugno 1975. La giudice dell'udienza preliminare di Torino, Ombretta Vanini, ha rinviato a giudizio gli ex capi storici delle Brigate Rosse, Mario Moretti e Renato Curcio, e l'allora militante Lauro Azzolini. E' stata invece pronunciata sentenza di non doversi procedere per prescrizione nei confronti di Pierluigi Zuffada.
Il processo inizierà il 25 febbraio davanti alla Corte d'Assise di Alessandria. Lo scontro a fuoco tra carabinieri e Br avvenne nel contesto del rapimento dell'imprenditore Vittorio Vallarino Gancia da parte dei brigatisti. Oltre all'appuntato dell'Arma perse la vita anche Mara Cagol, l'ex moglie di Curcio. Secondo i pm Ciro Santoriello ed Emilio Gatti, che hanno coordinato le indagini del Ros, a sparare sarebbe stato Azzolini che poi sarebbe fuggito dalla Spiotta. A chiedere la riapertura dell'inchiesta era stato Bruno D'Alfonso, il figlio della vittima, che aveva presentato un esposto con nuovi spunti investigativi.
"Non è un processo 'storico', come dicono in molti, ma un processo dovuto alla ricerca di verità e giustizia su cosa accadde quel giorno e in quegli anni - ha commentato con l'AGI l'avvocato Sergio Favretto, che assiste Bruno D'Alfonso, fratello del carabiniere ucciso -. Quella scritta oggi è la prima pagina di una nuova verità sul conflitto a fuoco. Ma c'è di più: il dibattimento sarà importante anche per ricostruire cosa accadeva nel covo della Spiotta che non fu solo un punto d'appoggio per il sequestro ma un posto dove si trovavano le colonne delle brigate rosse e facevano progetti".
Per l'avvocato Davide Steccanella, legale di Azzolini, "nessuna sorpresa, è un processo tutto nullo per il mio assistito ma per Torino era come il matrimonio di Renzo e Lucia che, al contrario di quello, si doveva fare. Mi sono visto pure scrivere da un gip che, se ti intercetto per mesi con un trojan e ti comparo le impronte con un reperto di 50 anni, non vuole dire che sospetti di te" ha aggiunto Steccanella riferendosi all'eccezione da lui sollevata in merito all'inutilizzabilità delle conversazioni intercettate ad Azzolini quando non era indagato. Conversazioni carpite all'oggi ottantenne Azzolini che, secondo l'interpretazione della Procura, dimostrerebbero che fu lui a sparare e uccidere il carabiniere. Sul punto, la gup Vanini ha rimandato alla Corte d'Assise il compito di rilevare se fossero o meno legittime.