AGI - "Volevo tornare insieme a lei, avevo rabbia perché lei non voleva". Filippo Turetta risponde così alla domanda sul perché abbia ucciso Giulia Cecchettin l'11 novembre 2023 a Vigonovo, che gli ha posto l'avvocato Nicodemo Gentile, legale di Elena Cecchettin. "Sentivo di aver perso per sempre la possibilità di tornare insieme, di non sentirla mai più. Ho percepito la possibilità di perdere il rapporto". Per la prima volta dall'inizio dell'interrogatorio Filippo Turetta piange pronunciando queste parole.
"Volevo tornare assieme a lei, soffrivo molto e provavo risentimento verso di lei. Avevo rabbia perché soffrivo di questa cosa e questo mi ha sconvolto", è il momento cruciale dell'interrogatorio del giovane, che afferma di avere ucciso la sue ex compagna perché non voleva ricucire la relazione.
"Mi dispiace tantissimo, dovrei sparire"
"Quando ho scritto quella lista avevo ipotizzato il piano di rapirla, stare con lei qualche tempo e poi farle del male e toglierle la vita", è invece la risposta alla domanda del pm Andrea Petroni sul perché avesse compilato un elenco di cose da comprare, tra i quali lo scotch e i coltelli, indice della premeditazione, per la Procura. L'imputato parla a testa bassa, la sua narrazione è spesso interrotta da momenti di titubanza. Turetta racconta poi ai giudici dellla Corte d'Assise di avere coperto il corpo della giovane con dei sacchi "perché non volevo che si vedessero le brutte ferite, era in cattive condizioni e volevo evitarle quel momento e di vedere la situazione".
"Mi dispiace tantissimo. Non ho chiesto scusa finora alla famiglia perché penso che sia ridicolo e fuori luogo vista l'entità dell'ingiustizia che ho commesso". Rispondendo alla domanda del suo legale sul perché non abbia chiesto scusa ai familiari di Giulia, Turetta spiega poi che "delle scuse potrebbero creare ulteriore dolore verso le persone che già provano dolore e sofferenza per quello che è successo, invece dovrei sparire".
Filippo Turetta ammette di avere raccontato delle bugie nel primo interrogatorio, in particolare quando raccontò al pm di avere acquistato lo scotch nei giorni precedenti all'omicidio per la festa di laurea di Giulia Cecchettin. Il nastro adesivo, in realta', gli sarebbe servito per far tacere la ragazza. "Nel primo interrogatorio non ho dato la risposta corretta ad alcune domande e di questo mi dispiace" afferma richiamandosi anche a un memoriale che ha consegnato ai giudici in cui c’è un capitolo intitolato 'Perché ho mentito'. In seconda fila, Gino Cecchettin ascolta con attenzione l'interrogatorio.
Turetta è in aula "per onorare la memoria di Giulia", ha spiegato il suo legale Giovanni Caruso che sta portando avanti una strategia di "minima difesa": un processo rapido, senza testimoni e senza recriminazioni rispetto all'accusa, devastante, codice alla mano, di omicidio volontario aggravato da premeditazione, crudeltà e legame affettivo, e dei reati di sequestro di persona, occultamento di cadavere e porto d'armi.
Per lo studente di 22 anni ancor più difficile che guardare negli occhi i giudici della Corte d'Assise è reggere lo sguardo di Gino Cecchettin, il padre di Giulia che più volte ha espresso la sua vicinanza ai genitori del ragazzo, provati, ha detto, da un dolore più grande del suo. E anche per lui arriva la prova più difficile: ascoltare com’è stata uccisa la figlia, nei dettagli, da quel giovane che per la figlia era stato il primo amore.
Elena non è in aula, Gino se ne va
Elena Cecchettin, sorella della vittima, non è invece in aula. "Oggi e lunedì 28 ottobre non sarò presente in aula - scrive sui social - Non per disinteresse, ma per prendermi cura di me stessa. Sono più di 11 mesi che continuo ad avere incubi, 11 mesi che il mio sonno è inesistente o irrequieto. La mia salute mentale e soprattutto quella fisica ne hanno risentito. Ho perso il conto delle visite mediche che ho dovuto fare nell'ultimo anno. Seguirò a distanza anche tramite i miei legali, tuttavia non parteciperò. Sarebbe per me una fonte di stress enorme e dovrei rivivere nuovamente tutto quello che ho provato a novembre dell'anno scorso. Semplicemente non ne sono in grado". "Sono umana, e come tutti non sono invincibile", conclude.
In una pausa del processo, anche Gino si allontana. "Vado via, non ho bisogno di restare, per me è chiarissimo chi è Filippo Turetta", dice il padre di Giulia. Il legale dell'imputato, Giovanni Caruso, aveva annunciato che avrebbe fatto delle domande a Turetta per capire "chi è". "Abbiamo capito che la vita del prossimo è sacra e non voglio entrare nel merito" conclude Gino, congedandosi da cronisti con gli occhi lucidi.
Il memoriale scritto in carcere: "Era meravigliosa, le ho tolto il futuro"
"Lei era (scrivere con verbi al passato è tanto triste e angosciante) meravigliosa, speciale veramente e mille altre cose belle con un futuro tutto da vivere e questo non è più possibile per colpa mia ormai". Filippo Turetta si rivolge così a Giulia Cecchettin nel memoriale scritto nel carcere di Bollate e consegnato alla Corte d'Assise di Venezia. "Alcune volte la nomino mentre altre non riesco. Non lo so perché ma non ce la faccio proprio e mi pesa moltissimo. Non so neanche se sia giusto che io scriva il suo nome". In un passaggio esprime parole di dolore per quello che ha fatto. "Mi dispiace. Mi dispiace infinitamente per tutto quello le ho fatto. () Non sarebbe mai dovuto succedere ed è inaccettabile. Non so bene cosa dire perché mi sembra assurdo e rimango senza parole e qualsiasi cosa che io possa dire mi sembra sbagliata".
E cita i familiari della ragazza. "Spesso quando mi risveglio mi viene da dire 'chissà cosa starà facendo adesso Giulia e come sta', poi ci penso un attimo e penso che queste domande non hanno significato e che tutto questo è veramente terribile. Non posso neanche immaginare e rendermi pienamente conto del dolore e della sofferenza che prova la sua famiglia, suo padre, sua sorella e suo fratello e i suoi familiari vivendo questa nuova triste e angosciante realtà".