AGI - Qui curano Mattia Del Zotto, il giovane ragioniere milanese che uccise i nonni e una zia avvelenandoli col tallio perché li considerava "impuri" e vengono anche le madri che hanno tolto la vita ai figli a cui l'avevano data da poco. Mentre parliamo negli uffici coi responsabili della Rems di Castiglione delle Stiviere, si sentono le urla sotto la pioggia di qualcuno degli ospiti che passeggiano nei bei viali verdi della struttura ritagliata dalle mura e dal filo spinato tra le dolci colline e i campi coltivati del parco della Ghisiola.
Centoquaranta uomini e venti donne che la giustizia non ha potuto giudicare o ha assolto per i reati commessi perché soffrono di un vizio di mente ma sono considerati pericolosi per la società provano a ripartire, aiutati da 215 tra medici, infermieri, psicologi e terapisti, dalla prima e più grande delle 31 residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza. Troppo poche visto che dagli ultimi dati risultano 600 persone ricoverate e 700 in attesa in tutta Italia e che diversi detenuti suicidi in carcere negli ultimi anni sarebbero dovuti essere qui dove invece, dall'anno di apertura 2015, non si è ammazzato nessuno.
Quelli che avevano le carte in regola per entrarci non ci sono mai arrivati perché erano in lista d'attesa. Del manicomio e dell'ospedale psichiatrico giudiziario che la Rems ha sostituito non sembra essere restato quasi nulla nello spirito e nei modi. E anche la figura del paziente tipo è tutt'altra.
"La maggior parte sono giovani dai 18 ai 35 anni e stranieri, per lo più nigeriani e maghrebini - spiega all'AGI la direttrice Alessia Cicolini -. I reati più frequenti sono maltrattamenti e lesioni personali maturati in ambito familiare. Uno dei grandi problemi emergenti è la gestione dei senza dimora che sono tanti perché i pazienti ci vengono assegnati non solo per la residenza ma anche per il luogo di commissione di reato e quindi accogliamo anche chi non ha non ha una residenza valida o l'ha persa o gli stranieri senza permesso di soggiorno o titolo amministrativo. Non avendo i documenti, la sanità pubblica si occupa di loro solo per la fase acuta ma non per la riabilitazione".
Lo psichiatra Andrea Pinotti, direttore del dipartimento 'Malattie mentali' dell'azienda sanitaria mantovana, è stato anche alla guida dell'Opg e le sue parole tracciano un nitido prima e dopo. "Quelli entrati nell'ultimo decennio sono pazienti molto diversi dagli 'storici' precedenti alla Rems. Prima il profilo classico era quello dello psicotico o comunque di chi aveva una grossa patologia di natura psichiatrica, ora abbiamo dovuto mettere da parte i nostri vecchi manuali universitari e confrontarci con delle figure 'spurie'. Chi viene ha spesso un disturbo di personalità grave, spesso è antisociale, e usa sostanze che peggiorano in modo significativo il quadro. Probabilmente non sarebbero nemmeno pazienti da inviare qui, sarebbe meglio cercare soluzioni come le comunità terapeutiche".
Arriva a definirli "quadri clinici veramente oscuri", specchio patologico di un mondo fuori "dove si respira molta aggressività". La maggior parte delle persone si ferma tra i 12 e i 14 mesi, il tempo che dovrebbe essere sufficiente per rientrare in 'società, sebbene nella maggior parte dei casi questo avvenga nelle comunità protette perché spesso resta una misura di sicurezza come la libertà vigilata. Un tempo stretto ma denso vedendo quante e quali attività vengono progettate negli otto edifici, ciascuno con venti posti letto, che 'compongono' quello che viene definito 'Sistema Polimodulare' nel quale a ciascun paziente sono assegnate delle attività, che comprendono anche corsi di studio, teatro, arterapia, alfabetizzazone, cucito, cucina, in base al proprio percorso individuale.
Più suggestiva la definizione di Pinotti che invita a immaginare "una grande nuvola nel senso che il sistema riabilitativo coinvolge tutte e le otto Rems, è trasversale" sottolineando però "il grosso problema del numero notevole di persone con disabilità intellettiva per le quali forse questa non è la soluzione ottimale".
In uno degli spazi comuni, uomini e donne insieme, sempre sotto la sorveglianza di infermieri ed educatori, si dedicano attorno a un tavolo alla creazione di sacchetti di lavanda coi fiori coltivati nell'orto che saranno poi venduti all'esterno. Le 'storiche' infermiere che si occupano di loro raccontano quanto sia cambiato l'approccio rispetto ai tempi dell'Opg.
"Siamo passati da un sistema di sorveglianza alla presa in carico del paziente e siamo molto più motivati. Succede che alcuni di loro ci chiamino per ringraziarci e dirci dei loro progressi a distanza di tempo". Nei vecchi edifici che dovrebbero essere presto sostituiti dai nuovi è visibile lo sforzo di garantire ogni servizio che possa rendere migliore il soggiorno, dalla stanza per manicure, pedicure ed estetica per le donne, alla piscina all'aperto, alla palestra, al campo di calcio alla sala fumatori.
Ma c'è anche un luogo che ci ricorda in modo brusco dove ci troviamo. E' una stanza con le mura imbottite dove, viene chiarito, "vengono mandati in extrema ratio alcuni pazienti nei momenti di estrema aggressività. Sono strumenti contenitivi a cui si arriva sempre dopo un lungo ragionamento e avere compiuto un percorso di tentativi".
Sono definiti "di de-escalation per quando, per esempio, il paziente ha bisogno di stare da solo o sente le voci e rappresentano una modalità di sfogo intelligente perchè se vuole dare un pugno al muro lo dà senza farsi del male". Anche altri strumenti di contenzione, come legare le persone, vengono riservati solo a casi estremi e dopo avere esplorato tutte le altre vie terapeutiche e relazionali. Il prima e il dopo la Rems costituiscono uno dei momenti critici e di maggiore riflessione per chi la gestisce.
La direttrice Cicolini osserva che "qui arriva chi solo chi ha già fallito con l'assegnazione alla sanità del territorio o chi è considerato talmente grave da 'meritare' la Rems sulla base delle perizie. Mi chiedo: sono tanti i casi di persone cosi' gravi?". Per facilitare il reinserimento nella società, si agevolano anche gli incontri coi familiari spesso vittime del reato e si cerca di promuovere "una ricostruzione dei rapporti".
La Rems di Castiglione viene tradizionalmente accostata alle madri figlicide perché è stata la prima e per diverso tempo l'unica a ospitare le donne. "Sono forse le più 'facili' da reinserire, la loro 'pericolosità sociale' di solito rientra dopo la commissione del reato" spiega la direttrice. Negli ultimi dieci anni, afferma Elena Marrucci, coordinatrice del reparto 'Acquarius', sono state altrettante le persone scappate e mai più ritrovate. Il filo spinato e le oltre duecento telecamere di sorveglianza non bastano sempre e qualcuno ha approfittato del cantiere in corso da anni per provare la fuga.
Lo sguardo di tutti è proprio verso i nuovi sei edifici che ospiteranno ciascuno venti persone, mentre quelli vecchi, testimoni, prima delle Rems, anche di passaggi bui nella storia della cura della malattia mentale, verranno demoliti. Resterà per non dimenticarli anche l'enorme archivio che contiene le storie dei soldati internati dopo essere rientrati dalle guerre.