AGI – Un cambio di segretario generale dopo 10 anni, un compleanno importante (i suoi 75 anni), uno scenario geopolitico sempre più incerto ed instabile. Il contesto in cui si inserisce lo storico vertice che prenderà il via a Washington è tutt’altro che semplice. Ed è destinato a tracciare il solco della Nato del futuro. Il Centro Alti Studi Difesa di Roma a poche ore dal vertice americano ha ospitato un convegno co-organizzato dalla Nato Defense College Foundation dal titolo “Beyond the 75 th anniversary”.
Lo scenario internazionale in cui la Nato è chiamata ad agire (e a rinnovarsi) è particolarmente complesso. Da un lato la Federazione Russa rimane la minaccia più significativa e diretta per la sicurezza degli Alleati e per la pace e la stabilità nell'area euro-atlantica, ma dall'altro c'è una competizione sistemica da parte di Paesi che cercano di minare l'ordine internazionale, specialmente nelle regioni del Sud del mondo che contribuiscono ad alimentare l’instabilità al di là dei confini della Nato (conflitti, traffici illegali, cambiamenti climatici, terrorismo, minacce ibride).
Il futuro della Nato
“E’ importante segnalare che ora cambia il segretario generale, e direi che 10 anni è un tempo troppo lungo secondo me, in 10 anni il mondo è cambiato quattro volte. Ora arriva l’ex primo ministro olandese, non lo conosco ma ho lavorato per 3 anni con altro olandese, Jaap de Hoop Scheffer, e con lui ho lavorato benissimo” ha spiegato Alessandro Minuto-Rizzo, presidente della Nato Defence College Foundation.
“Il mondo cambia sempre – ha poi aggiunto - Da quando è stata fondata la Nato sono passate generazioni, guerre fredde, crisi balcaniche, Afghanistan… il mondo cambia in continuazione e così la Nato, che è già cambiata molte volte. Bene, male… non è perfetta, per l’amor di Dio, ma certamente è l’unico “security provider” perché non è una organizzazione militare ma politico-militare e politico viene prima raccogliendo le più grandi democrazie del mondo e potendo vantare un braccio militare che funziona molto bene perché da 75 anni i nostri militari sono abituati a lavorare assieme agli altri paesi membri”.
Tra le principali questioni che l'Alleanza potrebbe sviluppare in vista del prossimo Vertice di Washington, vi sono: il mantenimento e la messa a punto del consenso politico, la centralità della Nato come principale fornitore di sicurezza internazionale e una riflessione sull'evoluzione del ruolo dell'Alleanza in uno scenario che prevede la sinergia dei contributi, il rinnovamento dell'ITDB (Industrial Technological Defence Base) e la creazione di una nuova base di sicurezza. Ma altri temi fondamentali saranno anche la necessità di rafforzare concretamente ed espandere i partenariati esistenti nella Regione meridionale al fine di integrare la deterrenza contro la Russia anche al di fuori dell'Europa (Paesi arabi, conflitto israelo-palestinese, Sahel); prevenire e gestire crisi le cui conseguenze umane ed economiche hanno un impatto sulla stabilità di diversi alleati e partner europei; rendere sicure le porte dell'Oceano Indiano nell'ambito di una prospettiva emergente indo-pacifica.
Le preoccupazioni per le elezioni americane
Il tutto considerando che anche gli Stati Uniti d’America sono sempre più vicini ad un cambio alla guida del paese. “Molta gente si preoccupa il futuro della Nato pensando all’arrivo di Trump – ha aggiunto Minuto-Rizzo - Intanto non sono scuro per niente che arriverà lui, ma non penso in ogni caso che lui lascerà la Nato. Quello che può fare è non attivarla semplicemente, non è che deve distruggere una organizzazione… non se ne occupa, fa altre cose ed ecco che ne esce indebolita. Almeno questo è il segnale che lui ha dato da presidente”.
Dello stesso parere anche il generale Vincenzo Camporini, Istituto Affari Internazionali che ha parlato di “futuro a basso regime” se dovesse vincere Trump”. “Il presidente senza un voto del congresso non può uscire dalla Nato ma può non dare alcun contributo quindi metterla di fatto con il motore al minimo – ha poi spiegato - Io auspico sia il momento in cui i Paesi dell’Europa si svegliano e costruiscono quella solidarietà politica che è il prerequisito per qualsiasi capacità operativa, non solo in ambito militare ma anche finanziario o industriale. Se costruiamo una solidarietà politica almeno tra i paesi più importanti con riferimento magari ai problemi dell’Africa potrebbe essere una eterogenesi dei fini che ci aiuta. Io lo auspico”.