AGI - Di Giacomo Bozzoli ancora non c’è traccia nonostante le serrate ricerche condotte questa notte dalle forze di polizia. Alle 20 di ieri sera i carabinieri bresciani hanno bussato alla porta della sua casa sul lago di Garda, dov'è residente, per eseguire la condanna della Cassazione all'ergastolo per l'omicidio e la distruzione del cadavere dello zio Mario nel 2015. Ma Bozzoli, che ha trascorso questi nove anni da uomo libero in attesa della sentenza definitiva di un processo indiziario, non c'era. In ogni caso, spiega una fonte giudiziaria all'AGI, l'ordine di esecuzione della sua condanna "è inserito in tutte le banche dati italiane ed europee".
Da ieri sera, comunque, non si hanno più notizie nemmeno della moglie e del figlio dell'imputato. Dopo la sentenza di condanna definitiva anche i suoi familiari sono 'spariti'. E' probabile che già nelle prossime ore, se non dovessero esserci novità, la magistratura firmi un decreto di latitanza che potrebbe consentire l'utilizzo di mezzi più efficaci, come le intercettazioni, per individuare Bozzoli.
Bozzoli si è sempre dichiarato innocente. "Non c’è mai stata nessuna lite con mio zio" disse ai giudici della Corte d'Assise. In questi anni non ha mai dato segnali di voler fuggire in attesa del verdetto. Lo zio, Mario Bozzoli, 52 anni, sparì l'8 ottobre del 2015 dalla fonderia che gestiva assieme al fratello e ai nipoti in Val Trompia. Secondo la sentenza, Bozzoli bruciò il cadavere in fonderia. Uno dei suoi legali, il professor Franco Coppi, ha definito le accuse contro Giacomo "costellate di ambiguità".
Appello del legale: "Giacomo consegnati"
"Giacomo, consegnati alle autorità, assumiti le tue responsabilità e fai scendere il silenzio su questa vicenda drammatica". È l'appello dell'avvocato Nicodemo Gentile, legale dell'associazione Penelope, parte civile nel processo a carico di Giacomo Bozzoli.