AGI - È un triste scherzo del destino che, nell'anniversario della tragedia di Cutro, il Consiglio della Magistratura militare celebri il processo disciplinare nei confronti del Procuratore generale militare, Marco De Paolis, che aveva chiesto al collega Procuratore di Napoli, Giovanni Barone, di indagare per presunte omissioni nei soccorsi. E alla fine lo assolve.
I fatti, prima di tutto. Un anno fa, la notte tra il 25 e il 26 febbraio, un barcone di migranti naufragò a largo delle coste della cittadina calabrese, purtroppo 94 di loro morirono (34 erano minori), oltre a un numero imprecisato di dispersi. Il procuratore generale militare, De Paolis, esercitando l'azione di "vigilanza e sorveglianza" data dal proprio ruolo, fece atti d'impulso per chiedere a Barone, procuratore della Repubblica di Napoli (competente per territorio), di indagare sulle presunte omissioni di soccorso delle motovedette di Finanza e Guardia costiera (in quanto si tratta di una ipotesi di reato militare ascrivibile a militari).
- "Dopo cinque mesi - ha dichiarato De Paolis in udienza - il collega Barone non aveva fatto iscrizioni nel registro degli indagati. E si evinceva che non conosceva neanche i nomi delle persone (i comandanti) delle motovedette e i numeri di matricola delle imbarcazioni in relazione a cui si ipotizzava l'omissione di soccorso. Noi, così come la magistratura ordinaria, abbiamo l'obbligatorietà dell'azione penale. Eppure - conclude De Paolis - vi era palesemente una inattività che appariva voluta e ripetuta da parte del collega". Il "collega", Barone, dopo le "insistenze" di De Paolis, lo denunciò al Consiglio Superiore della Magistratura militare e il procuratore generale militare in Cassazione, Maurizio Block, ha esercitato nei suoi confronti l'azione disciplinare, portandolo a un vero e proprio processo. Barone, sostanzialmente, affermava che il collega "insisteva che io procedessi autonomamente e indipendentemente dalla magistratura ordinaria e io ogni volta rispondevo che la nostra posizione non poteva che considerarsi connessa e minoritaria con la conseguenza che il nostro ruolo non poteva che essere secondario".
Ruolo secondario, quindi ammettendo una sostanziale inferiorità alla magistratura ordinaria? Circostanza non prevista, però, da nessuna legge. Fu questo il motivo per il quale De Paolis convocò Barone a Roma (con una lettera contestata dal magistrato in servizio a Napoli in quanto consegnata a mano alla sua segreteria un lunedì, giorno in cui lui è sempre assente dall'ufficio", perchè "notorio a tutti che io il lunedì non sono in sede", e integrata poi nelle dichiarazioni del suo segretario, che in udienza ha reso noto come la sede fosse coperta dal procuratore solo nei giorni di martedì, mercoledì e giovedì). Fu in quella occasione, a Roma, che il procuratore generale chiese a quello di primo grado di "visionare" il fascicolo che quest'ultimo aveva aperto, per effettuare proprio quella vigilanza sul corretto esercizio delle indagini. Lui si rifiutò.
A tal punto De Paolis, con l'ausilio di un suo collaboratore, un capitano dei carabinieri, fece verbalizzare il contenuto dell'incontro, poi sottoscritto anche da Barone. Anche qui però, il magistrato in servizio nel capoluogo partenopeo, ebbe a che ridire. Ad esempio che "il capitano (dei carabinieri, ndr) potesse anche riferire atteggiamenti sconvenienti da parte mia, in realtà non avvenuti".
Affermazioni che hanno lasciato "stupefatto" De Paolis che in udienza, durante le sue dichiarazioni spontanee, ha commentato: "Tale inverosimile preoccupazione, oltre che del tutto infondata, è di tale gravità da gettare discredito non solo su due funzionari dello Stato nell'esercizio delle proprie (delicate e pubbliche) funzioni, ma anche sull'intero Ordine Giudiziario e sull'Arma dei Carabinieri. Mi chiedo - ha concluso - cosa possa pensare un cittadino che sia teste o imputato se fosse a conoscenza del fatto che un magistrato ha una simile preoccupazione nei confronti di un altro magistrato". Domanda rimasta senza risposta. O forse la si potrebbe desumere dalla richiesta del sostituto procuratore generale Luigi Flamini che, formulando la pena disciplinare per De Paolis, ha proposto "la censura e dieci mesi di sospensione per le sue funzioni direttive". Il collegio giudicante, presieduto dalla prima Presidente della Corte di Cassazione, Margherita Cassano (con i componenti del CMM David Brunelli, Mauro De Luca e Michela Mazzilli), ha assolto De Paolis.
"Giustizia è fatta" hanno commentato Giuseppe Severini e Antonio Patrono, difensori del procuratore generale. Fatto sta che si è perso molto tempo e che, almeno nel caso militare, le indagini su una presunta omissione di soccorso non si sa che fine abbiano fatto. Oggi continuiamo a piangere 94 vittime e un numero imprecisato di dispersi. Purtroppo, loro sì, senza giustizia.