AGI - Una donna è stata assolta dalla Cassazione dopo due condanne in primo e secondo grado per falsa testimonianza perché ha mentito spinta dall'amore verso il suo convivente. La vicenda ricostruita nella sentenza della Suprema Corte diffusa dallo Studio Cataldi e letta dall' AGI nasce dalla denuncia di una madre che riferisce alla magistratura delle violenze fisiche subite dalla figlia da parte del compagno. La ragazza viene sentita come parte offesa e mente per la paura che l'uomo possa essere condannato per il reato di maltrattamenti in famiglia.
Sia il gup del Tribunale di Busto Arsizio sia la Corte d'Appello di Milano però la condannano sostenendo che l'imputata non ha dimostrato di essere in una delle due situazioni circoscritte dall'articolo 384 del codice penale per cui non sono punibili le false dichiarazioni: "Essere stato costretto dalla necessità di salvare se stessi o un prossimo congiunto o da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell'onore". La giovane donna non aveva dimostrato di trovarsi in queste condizioni, secondo le due sentenze di merito. Ma la Cassazione ha preso un'altra strada accogliendo la tesi della tesi della difesa e annullando senza rinvio la sentenza impugnata.
Gli 'ermellini' spiegano che siamo nel caso previsto dalla legge per cui è possibile mentire senza essere accusati di falsa testimonianza perché la donna conviveva con l'uomo autore delle violenze dal 2016, "la denuncia era stata presentata dalla madre e non da lei che anzi aveva reagito disapprovando la scelta della madre" e l'imputata "sentita come teste nel procedimento per maltrattamenti aveva dichiarato di essere ancora innamorata del compagno". Questo insieme di elementi per la Cassazione avrebbe dovuto indurre in giudici "ad affermare che quando rese la testimonianza nel processo a carico del convivente temeva per la libertà del compagno che avrebbe subito un inevitabile pregiudizio, se ella avesse raccontato i maltrattamenti subiti".