AGI - Si è aperto in corte d'assise a Roma (ed è stato aggiornato al prossimo 18 marzo) il processo ai quattro 007 egiziani accusati del sequestro e dell'omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore friulano rapito, torturato e ucciso a Il Cairo, in Egitto, nel 2016. Virtualmente sul banco degli imputati compaiono quattro agenti della National Security: il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, che rispondono di sequestro di persona pluriaggravato mentre al solo Magdi Ibrahim Abdelal Sharif è contestato anche il concorso in lesioni personali aggravate e quello in omicidio aggravato. "Oggi è una giornata molto importante", hanno detto Claudio e Paola Regeni, i genitori di Giulio, prima di fare ingresso a palazzo di giustizia.
"Erano 8 anni che aspettavamo questo momento. Finalmente speriamo che questo processo possa partire, sono state sollevate le questioni preliminari che erano già state rigettate in tutte le altre aule e quindi speriamo, dopo la decisione della Corte Costituzionale che rafforza molto la nostra posizione, di poter avere un processo contro chi ha fatto tutto il male del mondo a Giulio. Ci vediamo il 18 marzo", ha dichiarato a fine udienza l'avvocato Alessandra Ballerini, legale di Claudio e Paola Regeni, genitori di Giulio. "Non è avvenuto niente di diverso da ciò che ci aspettavamo", ha risposto la penalista ai cronisti che le hanno chiesto un commento sulle questioni preliminari sollevate poco prima dai difensori degli imputati e su cui il giudice si è riservato di decidere. Una di queste era la conoscenza delle generalità dei quattro imputati.
"Quel che conta non è la conoscenza delle generalità ma la possibilità che il detenuto possa essere identificato in sicurezza per l'esecuzione della pena", ha detto in aula il pm Sergio Colaiocco ricordando che, in un procedimento precedente, era bastata una foto per rendere processabile un imputato. Un detenuto "afgano era stato identificato non con le sue generalità, ma con una fotografia", ha spiegato il magistrato.
"Per il problema di giurisdizione, la questione è già stata dibattuta da tutte le corti che si sono occupate della tragica vicenda - ha ricordato in aula l'avvocato Ballerini -. Per i tre imputati accusati del 'solo' sequestro aggravato, voglio fare presente che il fatto è avvenuto non in Italia ma in Egitto dove 3 o 4 persone al giorno vengono fatte sparire. Giulio è stato trasportato da un luogo di tortura a un altro: è evidente che si tratti di violenza fisica e negarla credo sia quantomeno discutibile".
"Noi ad oggi non sappiamo se i nostri assistiti siano ancora in vita - ha invece replicato l'avvocato Tranquillino Sarno, il difensore di Athar Kamel Mohamed Ibrahim a margine dell'udienza -. Le eccezioni riguardano sia la giurisdizione dello Stato italiano e sia altre questioni tecniche già rigettate dal gup. Chiediamo sulla base della novità che ha portato la sentenza della Corte Costituzionale, che l'ordinamento si plasmi. Abbiamo chiesto di far sapere all'Egitto che sono cambiati i presupposti. La sentenza della Consulta dice che anche in mancanza di notifica agli imputati in questo specifico caso il processo si può fare. E visto che la sorte degli imputati dipende da un terzo, ossia lo Stato egiziano che non mi risulta essere un Paese tendenzialmente democratico, abbiamo prospettato la questione alla corte d'assise. Così non sono in grado di difendere il mio assistito. Non so dal capo di imputazione come il mio assistito avrebbe causato il sequestro di Giulio Regeni", ha poi osservato in aula l'avvocato Sarno.