AGI - Non gli è bastato affidarsi a Gesù e dichiararsi pentito. Anche nel processo di secondo grado Alessandro Maja, il geometra accusato del duplice omicidio della figlia Giulia, 16 anni, e della moglie Stefania Pivetta, 56 anni, e del tentato omicidio del figlio maggiore Nicolò, colpiti a martellate nella notte tra il 3 e il 4 maggio 2022, nella loro villetta a Samarate, in provincia di Varese, è stato condannato all'ergastolo. La prima sezione della Corte di assise di appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado che prevedeva il carcere a vita con l'isolamento diurno per 18 mesi. Decisione che Maja ha accolto impassibile, in piedi accanto al suo difensore, l'avvocato Giulio Colombo. Solo un piccolo cenno di soddisfazione da parte di Giulio Pivetta, il padre di Stefania nonchè nonno materno dell'unico sopravvissuto (Nicolò), che, poi, ha così commentato: ""La giustizia c'è e qualche volta viene rispettata. Crede al pentimento di Maja? Assolutamente no, le scuse non esistono". Interpellato sulle condizioni di salute del nipote, in ospedale per un nuovo intervento chirurgico, Pivetta ha risposto: "Sta bene, fortunatamente sta bene
A chiedere la conferma dell'ergastolo era stata in mattinata la procuratrice generale di Milano Francesca Nanni, contraria a riaprire l'istruttoria dibattimentale (come invece avrebbe voluto la difesa) e a disporre una nuova perizia psichiatrica. L'esperto, nominato dalla corte di assise di Busto Arsizio Marco Lagazzi, aveva concluso l'accertamento ritenendo Maja capace di intendere e di volere. "Ho cancellato la mia famiglia a causa di un mio soffrire emotivo e sono rimasto solo - aveva dichiarato Maja prima della sentenza - . Mi aspetto una pena, la più alta, sperando nella clemenza. Confido nel perdono di Gesù determinato dal mio pentimento".