AGI - Vittorio Sgarbi definisce il passo indietro "un colpo di teatro". Ma le sue dimissioni da sottosegretario alla Cultura arrivano in seguito al 'verdettò dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, a conclusione di un procedimento aperto almeno tre mesi fa. A fine ottobre, infatti, l'Antitrust aveva fatto sapere di aver avviato una istruttoria nei suoi confronti, su segnalazione del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. L'accusa era di violazione del regolamento sul conflitto di interessi per sospette "condotte illecite in violazione di quanto previsto dalla legge del 2004 in materia di attività incompatibili con la titolarità di una carica di governo".
Per questo, le opposizioni chiedevano da tempo le sue dimissioni e avevano presentato una mozione alla Camera per chiedere la revoca delle deleghe. Ora non sarà più necessaria la discussione della mozione, rinviata più volte, Sgarbi ha fatto sapere di aver ricevuto una comunicazione dall'Antitrust che lo giudica "incompatibile" e annunciato che presenterà le dimissioni dal governo in serata.
"Pongo il problema anche per il ministro Nordio. Se sono incompatibile io, chiunque faccia una conferenza da ministro o da sottosegretario, è incompatibile", ha protestato, intervenendo all'evento 'La ripartenza - liberi di pensarè, a Milano. "L'Antitrust ha ritenuto le indicazioni di lettere anonime come delle indicazioni credibili e ha dichiarato l'incompatibilità - ha annunciato -. Io ne ho avuto notizia verso le 14.30. Ho preso l'aereo e quando sono sceso, il tempo di meditare quale scelta fare, ho pensato di fare questa conferenza libero". "C'è stata un'azione precisa per portarmi alle dimissioni. Sono oggetto di una persecuzione mediatica evidente", ha poi attaccato.
"Non ho sentito Sangiuliano - ha aggiunto -, non ci parliamo dal 23 ottobre, quando mi ha dato la delega per andare a occuparmi della Garisenda. Non potevo sentire una persona che riceve una lettera anonima e la manda all'Antitrust. Le lettere anonime si buttano via, gli uomini che hanno dignità non accolgono lettere anonime". "Ringrazio il governo e in particolare Giorgia Meloni di non avermi chiesto niente, neanche queste dimissioni, e di avere detto di aspettare l'indicazione dell'Antitrust. L'indicazione è arrivata, si può impugnare, ma è arrivata", ha poi aggiunto, annunciando che farà ricorso al Tar.
Ex deputato di Forza Italia per più legislature, Sgarbi non è stato ricandidato da Silvio Berlusconi alle politiche del 2022. "E' una questione che non ci riguarda, se non è stato candidato una ragione ci sarà", commentano fonti parlamentari azzurre. La sua nomina nel governo è in quota Noi moderati di Maurizio Lupi. E la voce del presidente di Nm a difesa del critico resta al momento isolata, anche nel perimetro della maggioranza. Sgarbi è un "visionario irriducibile amante del nostro patrimonio culturale" e "proprio per questo è stato nominato sottosegretario", ha rivendicato Lupi, sostenendo che le dimissioni "rappresentano una perdita per la promozione e la valorizzazione del patrimonio artistico italiano".
Unanime la condanna, invece, delle opposizioni, con il Pd che ha accusato Meloni e Sangiuliano di comportamento "reticente", ed M5s che ha rivendicato il risultato ottenuto con "tenacia" e parlato di "omertoso silenzio" della premier. "Era un atto dovuto, lo sappiamo, ma Vittorio Sgarbi almeno ha avuto la decenza di dimettersi. Quella decenza che - per ora - manca a Lollobrigida e Delmastro", ha chiesto il leader di Italia viva Matteo Renzi.
Qualche mese dopo le elezioni, nel febbraio del 2023, Sgarbi era stato eletto, unico, consigliere regionale lombardo della lista Noi Moderati-Rinascimento Sgarbi (33.711 voti, pari all'1,17%, nella circoscrizione di Milano). Ma il critico aveva optato per l'incarico di sottosegretario e si era dimesso da consigliere poco dopo. A luglio, il suo intervento, insieme al cantante Morgan, durante un convegno al Maxxi di Roma, aveva fatto scandalo per le espressioni volgari utilizzate ed era stato oggetto di una lettera scritta dai dipendenti del museo al presidente Alessandro Giuli.
Poi nella lente dell'Antitrust era finita l'attività retribuita di conferenziere, di presentazione di libri, mostre, iniziative culturali e il delicato rapporto con l'incarico di sottosegretario. Mentre la procura di Imperia lo ha indagato per sospetto riciclaggio di beni rubati, in relazione a un dipinto di sua proprietà di cui è stato denunciato il furto nel 2013.