AGI - E' definitiva la condanna all'ergastolo per Innocent Oseghale, il nigeriano accusato di omicidio e di violenza sessuale in relazione alla morte della 18enne Pamela Mastropietro, allontanatasi da una comunità e poi uccisa a Macerata il 30 gennaio di 6 anni fa con il suo corpo smembrato e nascosto in due trolley. Lo ha deciso la quinta sezione penale della Cassazione, rigettando il ricorso dell'imputato contro la sentenza d'appello-bis a Perugia che nel febbraio dello scorso anno aveva ritenuto sussistente - oltre alla responsabilità per il delitto già acclarata nel primo processo svolto al 'Palazzaccio' nel 2022 - anche l'aggravante della violenza sessuale per cui era stato disposto un nuovo vaglio. A sollecitare il carcere a vita era stato il sostituto procuratore generale Maria Francesca Loy secondo cui la motivazione alla base della sentenza impugnata "ha colmato ogni lacuna" ed "è del tutto insindacabile", perchè "è stata raggiunta la prova logica sulla ricostruzione dei fatti" che "non può essere in alcun modo posta in discussione". I fatti, ha rilevato il pg richiamando la sentenza d'appello bis, "per come si sono verificati non avrebbero senso se non fosse stata commessa una violenza sessuale". Oseghale è attualmente detenuto nel carcere di Forlì.
"E' ciò che aspettavo da 6 anni", ha dichiarato, visibilmente commossa, Alessandra Verni, mamma di Pamela, subito dopo la lettura del verdetto della Cassazione. "La mia battaglia però non finisce quii", facendo intendere che andranno portate alla luce eventuali altre responsabilità. "Chiedo a Oseghale di pentirsi e di dire chi era con lui", ha aggiunto la donna che ha annunciato una "fiaccolata" in ricordo della figlia in occasione dell'anniversario della morte, il prossimo 30 gennaio e ha rivolto alcune parole alla famiglia di Giulia Tramontano: "Combattete e non mollate mai".
"Pamela voleva vivere - era scritto su uno degli striscioni esposti dai familiari e dagli amici della vittima a piazza Cavour prima dell'udienza - e dei mostri le hanno spezzato tutti i sogni. La disumanità non deve diventare normalità. Il disagio non può essere un alibi per un massacro". Con loro, davanti al 'Palazzaccio', c'era anche Pietro Orlandi: "Deve esserci certezza della pena, la giustizia non darà conforto alla mamma di Pamela ma le porterà un minimo di serenità in più. Da parte mia - sottolinea il fratello di Emanuela, scomparsa in circostanze mai chiarite nel giugno del 1983 - la solidarietà è inevitabile, io ne ho ricevuta tantissima ed è giusto darla anche agli altri".