AGI - Marco Cappato, legale rappresentante dell'Associazione Soccorso Civile, si è presentato nella stazione dei carabinieri Roma Vittorio Veneto, in via Barberini, per autodenunciarsi in relazione al suicidio assistito dell'attrice Sibilla Barbieri, paziente oncologica terminale morta in una clinica in Svizzera. Anche il figlio della donna e l'ex senatore radicale Marco Perduca si sono autodenunciati.
La Asl di Roma, benché vi fossero presumibilmente i requisiti per procedere a una morte volontaria, aveva negato all'attrice questa possibilità. Per l'avvocato Filomena Gallo, difensore e segretario nazionale dell'Associazione Soccorso Civile, ci sono gli estremi per procedere per i reati di violenza privata, tortura e omissione di atti d'ufficio.
"Insieme alla famiglia di Sibilla - ha spiegato il legale - abbiamo presentato due esposti contro la Asl Roma 1: dalla sorella e dalla mamma di Sibilla e l'altro dai figli". L'avvocato Gallo ha raccontato del rapporto personale che aveva con l'attrice. "Prima di essere il legale ero una sua amica e ricordo la prima telefonata in cui ci siamo conosciute. Il cancro era arrivato ovunque: polmoni, fegato, cervello e spina dorsale".
"Barbieri - ha aggiunto Gallo - ha chiamato Cappato e ha detto: devo avere le due vie possibili. Per questo ha chiesto in Svizzera, ma grazie alla disobbedienza civile di Marco Cappato posso provare anche qui. Ha chiesto alla Asl Roma 1, ma nessuno ha risposto. Poi, dopo una sollecitazione, hanno fissato appuntamento a settembre. Mi ha chiamato piangendo e ha detto: 'forse mi hanno visto troppo bene, mi hanno proposto trattamenti per la spina dorsale, ma per il resto che facciamo?'".
"Ha parlato con il suo oncologo e ha richiamato poi i medici della Asl Roma 1 per chiedere un altro piano terapeutico meno invasivo", ha ricostruito il legale -. Sibilla dipendeva dell'ossigeno", ha aggiunto Gallo spiegando che nel parere c'era scritto che "in Sibilla non era presente sofferenza. Ovviamente era perchè prendeva i farmaci e lì ho ripensato alla telefonata con lei".
Anche Cappato, dopo essersi autodenunciato, ha voluto ricordare la lunga lotta portata avanti dalla donna, a suo avviso, vittima non solo di una malattia irreversibile ma anche di una "violenza di Stato".
"Grazie a Sibilla che per anni si è battuta per vivere - ha esordito -. La vita e la lotta di Sibilla dimostra che non c'è lotta tra chi vuole vivere e chi vuole morire. Sibilla Barbieri aveva diritto di ottenere l'aiuto alla morte volontaria legalmente in Italia: la dipendenza dal respiratore è la stessa che aveva Dj Fabo. Quindi perchè negare quel diritto? Era questione di ore, perchè il tumore le stava per intaccare anche le capacità cognitive, c'era dunque urgenza: su Sibilla c'è stata una violenza di Stato. La stessa che hanno dovuto subire anche la famiglia e il figlio".
"O Rocca accerta cosa è accaduto oppure rassegna le sue dimissioni. Spero che non fosse informato e coinvolto", ha aggiunto Cappato. Anche il figlio della regista e attrice romana si è invece detto "dispiaciuto" per una "politica che chiude gli occhi davanti alla sofferenza delle persone".
"Ho deciso io di accompagnarla - ha rivelato Vittorio Parpaglioni -. Lei tentennava: l'ho fatta per amore di mia madre, della sua libertà e di me stesso, perchè un domani potrei avere la stessa esigenza".
"Sono stati giorni di grande sofferenza - ha proseguito -. Nonostante questo mia madre era una donna decisa e determinata fino all'ultimo, una donna libera che non ha tentennato. Libera fino alla fine e con i suoi sguardi ci ha dato sempre una mano fino alla fine, è stata madre fino all'ultimo: non ha mai pesato su di noi".
"Arrivati in clinica non avevamo più bisogno di parlare - ha raccontato commosso il figlio dell'attrice -. Le sono grato per avermi concesso di essere reale, vero e determinato fino all'ultimo".
L'ultima parola è dell'avvocato Gallo: "Questa situazione è diretta conseguenza dall'ignavia del legislatore italiano che, quando ha provato a fare qualcosa, lo ha fatto con una cattiva proposta di legge".