AGI - La corte d'assise di appello di Roma ha deciso di riaprire il processo per l'omicidio di Serena Mollicone, la 18enne di Arce deceduta nel giugno del 2001. Accolta, dunque, la richiesta della procura generale che in mattinata aveva anche sollecitato l'audizione di ben 44 persone, tra testimoni e consulenti, ritenute "indispensabili" per l'accertamento della verità.
Per la corte è importante, per il momento, procedere all'ascolto in udienza di tutti consulenti di cui hanno parlato il sostituto procuratore generale Andrea Piantoni e la pm applicata Maria Beatrice Siravo, il magistrato, che a conclusione delle oltre 200 udienze del processo celebrato a Cassino, aveva chiesto la condanna dei 5 imputati e che ha fatto ricorso contro la loro assoluzione emessa il 15 luglio 2022 per insufficienza di prove.
Per gli altri testimoni - definiti "laici" - si deciderà di volta in volta a partire dalla prossima udienza fissata il 20 novembre. Sono previste successivamente udienze il 7, il 14 e il 21 dicembre quando, presumibilmente, potrebbe arrivare la sentenza.
La decisione di riaprire il dibattimento è stata accolta con favore dai parenti della giovane vittima: "Sono molto contento. Anzi speriamo si faccia molta più luce, perchè avere preclusioni?", ha dichiarato Antonio Mollicone, zio di Serena.
Sulla stessa lunghezza d'onda, l'avvocato Sandro Salera, legale di parte civile per conto di Consuelo Mollicone, sorella della 18enne assassinata: "Non è così frequente la riapertura di un processo, evidentemente la corte vuole rendersi conto dell'attendibilità della sentenza di primo grado. Si parte con i consulenti tecnici e poi vedremo nelle altre udienze".
Gli imputati - per le accuse che vanno, a seconda delle posizioni, dall'omicidio al favoreggiamento - sono Franco Mottola, ex comandante della stazione dei carabinieri di Arce, il figlio Marco e la moglie Anna Maria. Insieme a questi, anche i carabinieri Francesco Suprano (unico degli imputati presenti in aula, ndr) e Vincenzo Quatrale, che risponde di istigazione al suicidio diel brigadiere Santino Tuzi, che si è tolta la vita nel 2008 poco dopo aver raccontato agli investigatori dettagli importanti ai fini dell'indagine.
La perizia su una impronta rilevata sulla porta dell'alloggio in caserma
Tra le varie richieste fatte in udienza, la procura generale ha suggerito di disporre una propria perizia di "ingegneristica robotica" sulla compatibilità del pugno di Franco Mottola con l'impronta sulla porta dell'alloggio nella caserma di Arce. Secondo l'accusa, Serena Mollicone sarebbe stata aggredita nell'alloggio dei Mottola sbattendo la testa contro la porta e danneggiandola.
La difesa, invece, sostiene che l'impronta sarebbe stata causata da un pugno scagliato da Franco Mottola in un altro momento. "Valutate voi se non sia il caso di eseguire una perizia di ingegneria robotica sul calco del pugno di Franco Mottola fatta da un esperto da voi nominato" per effettuare confronto con l'improta sulla porta, ha affermato il sostituto pg.
Vent'anni di difficili indagini
Serena Mollicone, studentessa liceale, scomparve l'1 giugno del 2001 da Arce e fu ritrovata due giorni dopo, il 3 giugno, in località fonte Cupa a Fontana Liri. Legata mani e piedi e con la testa infilata in un sacchetto del supermercato, morì di asfissia meccanica. Le indagini, proseguite per vent'anni e costellate da difficoltà tecniche, vuoti investigativi e clamorosi errori giudiziari, nel dicembre del 2019 sono sfociate nel rinvio a giudizio dei cinque indagati.
Per la procura di Cassino, Serena Mollicone è stata uccisa in caserma al culmine di un litigio che sarebbe avvenuto nell'alloggio di servizio nella famiglia Mottola. Per questo motivo l'ex comandante, la moglie e il figlio sono stati accusati di omicidio volontario e occultamento di cadavere mentre gli altri due carabinieri, sempre secondo l'accusa, avrebbero saputo di quanto era accaduto ma avrebbero taciuto. La corte d'assise nel tribunale di Cassino, nella sentenza di assoluzione emessa il 15 luglio 2022, aveva ritenuto che le prove raccolte dall'accusa non fossero sufficienti a inchiodare il cinque alle proprie responsabilità.
Lo zio della ragazza: "Per me i Mottola non esistono"
Antonio Mollicone, fratello di Guglielmo e zio di Serena, appena fatto il suo ingresso nella palazzo di giustizia di piazzale Clodio a Roma, ha dichiarato: "Inizia una nuova fase, piena di speranza. I Mottola? Per me non esistono, non li voglio vedere". L'uomo si è poi allontanato con gli avvocati Sandro Salera, Dario De Santis e Antony Iafrate.
La figlia di Tuzi: "Ci aspettiamo giustizia"
"Ci aspettiamo giustizia", ha detto Maria Tuzi, figlia del brigadiere dei carabinieri Tuzi, poco prima dell'inizio del processo. "Siamo in ansia. Ma siamo anche ottimisti", ha aggiunto. I "giudici dell'appello si concentreranno su quelle prove su cui a Cassino hanno sorvolato", ha concluso.
Tra i 44, tra consulenti e testimoni, che la procura generale vorrebbe citare in udienza figura anche il luogotenente Gabriele Tersigni, ex comandante della stazione dei carabinieri di Fontana Liri, a cui Tuzi aveva affidato le sue confidenze, dopo gli interrogatori del 28 marzo e del 9 aprile del 2008. Un teste chiave per la procura di Cassino che ne aveva già chiesto l'escussione in primo grado senza successo. A Tersigni, Tuzi avrebbe rivelato di aver visto la Mollicone entrare in caserma la mattina del 1 giugno 2001.