AGI - "Lasciateci in pace. Voi non potete capire". È una comunità profondamente ferita, che non ha voglia di parlare e si chiude in casa, quella del Ghetto ebraico di Roma. Poche persone al Portico d'Ottavia. Non c'è il solito clima leggero che si respira in questi vicoli la domenica mattina. Né tanto meno c'è l'aria di festa che ci si aspetterebbe oggi, Simchat Torah, una delle principali ricorrenze ebraiche, in cui si termina la lettura dei cinque libri di cui la Torah è composta.
"La giornata di oggi è molto sentita, di solito la si dedica soprattutto ai bambini, con dolciumi e caramelle" spiega Ruth, una giovane studentessa mentre sorseggia un caffè al bar. "Dovrebbe essere una giornata gioviale". Nulla di tutto questo traspare tra le vie all'ombra della Sinagoga. Molti ristoranti kosher hanno la saracinesca abbassata proprio per rispetto di questa data.
Sulle panchine di fronte la scuola Renzo Levi, di solito affollate anche durante la settimana, pochi anziani con lo sguardo afflitto. "Siamo avviliti, non ce ne capacitiamo. Siamo preoccupati per i nostri cari giù". "Non è il momento di parlare, soffriamo, lasciateci in pace, ci state dando il tormento" è invece il commento secco di una negoziante di oggetti religiosi.
"Oggi i clienti di religione ebraica non si vedono in giro, nessuno ha voglia di uscire o parlare - racconta il proprietario di un bar al Portico d'Ottavia, uno dei pochi non di religione ebraica. "È un momento particolare - spiega, ricordando che -, qui tutti hanno parenti giù, molti hanno i figli che fanno il servizio militare in Israele". Proprio lo stato israeliano è al centro delle critiche di parte dei rappresentanti della comunità.
"Non riesco a capacitarmene. È tutto surreale. Conosco gente che sta lì, amici e parenti chiusi in casa da giorni. Non capisco come la difesa israeliana non abbia potuto prevedere un attacco del genere - è la riflessione di Victor, imprenditore del tessile noto nella comunità ebraica -. Non capisco nemmeno perché Hamas lo abbia fatto. L'unica ragione politica per cui accada è che palestinesi e Iran, dal quale Hamas ha dichiarato di essere stato coadiuvato, vogliano rallentare i rapporti di Israele con i paesi sunniti che si stavano concretizzando".
"Ora ovviamente ci sarà una risposta di Israele e sarà dura, perché le due forze militari non sono paragonabili. Mi dispiace per i palestinesi, perché non tutti sono pro Hamas" conclude amaramente. "È colpa di Israele, si è indebolito troppo, si è dedicato al lusso, è diventato un paese alla moda e ha dimenticato che, invece, è un paese in guerra - tuona deciso il proprietario di una sartoria storica nella zona della fontana delle Tartarughe -. Se sei in guerra, non puoi abbassare la guardia. Netanyahu ha indebolito Israele, politicamente e culturalmente". "A chi difende i palestinesi, io direi: Vai lì a vedere come stanno le cose - aggiunge -. Tutti se la prendono con gli israeliani, ma laggiù ci sono mai stati? Se ci andassero si renderebbero conto subito di una cosa che è lampante: i palestinesi non vogliono la pace".