AGI - Dopo lo svolgimento dell'autopsia, durata cinque ore, sul corpo dell'ex padrino di Cosa Nostra (l'incarico è stato affidato all'anatomo patologo di Chieti, il dottor Cristian D'Ovidio), ad attendere il feretro è stata un'agenzia funebre della Sicilia, arrivata proprio poco prima del termine degli esami medico legali disposti di concerto dalla Procura dell'Aquila e da quella di Palermo, sui quali i familiari dell'ex boss hanno deciso di non nominare un consulente di parte.
Alla presenza di un nutrito numero di forze dell'ordine tra cui anche militari dell'Esercito il carro funebre ha lasciato l'ospedale 'san salvatore' dell'Aquila. Secondo fonti investigative la salma verrà accompagnata su gomma e tra un imponente servizio di scorta Sempre secondo quanto si apprende, la salma dovrebbe arrivare nella mattinata del 27 settembre a Castelvetrano dopo aver percorso 11 ore, di macchina.
Matteo Messina Denaro ha vissuto gli ultimi giorni della sua esistenza sotto profonda sedazione, con i medici che via via hanno allentato le cure per la terapia del dolore, cosi' come il boss stesso aveva chiesto nel suo testamento biologico. Il ricovero in ospedale si era reso necessario prima per complicanze di natura urologica e poi per un intervento necessario a curare una occlusione intestinale. A seguito di questa ultima operazione era stato trasferito per molti giorni nel reparto di Terapia intensiva, prima dello spostamento finale in quello riservato ai detenuti, in un'ala dell'ospedale sorvegliata giorno e notte da decine e decine di agenti delle forze dell'ordine.
All'Aquila l'ex capo di Cosa Nostra era arrivato il 17 gennaio scorso, subito dopo l'arresto nella clinica "La Maddalena" di Palermo. Nel carcere delle Costarelle, in zona Preturo, Messina Denaro era stato rinchiuso in regime di 41 bis, ma contestualmente era stata allestita una cella-ambulatorio per sottoporlo alle infusioni di chemioterapia, sotto controllo medico e infermieristico. Quando le sue condizioni sono peggiorate è stato trasferito in ospedale.
Negli interrogatori in carcere, davanti al procuratore capo di Palermo Maurizio De Lucia e all'aggiunto Paolo Guido, ha risposto sempre in modo sferzante alle domande sulla sua latitanza e sull'appartenenza a Cosa Nostra, negando i gravissimi addebiti che gli sono stati mossi. E, ovviamente, sostenendo che non avrebbe mai collaborato con la giustizia.