AGI - "Le chiedo gentilmente di non sgridarmi. Io pensavo che il latte nel biberon che le avevo lasciato in casa bastasse". L'ha dichiarato Alessia Pifferi, in corte d'assise a Milano, dov'è imputata per omicidio con l'accusa di aver lasciato morire di stenti, nel luglio 2022, la figlia Diana, di un anno e mezzo. Così l'imputata ha risposto alla domanda del pm Francesco de Tommasi che le chiedeva se fosse a conoscenza delle conseguenze del digiuno prolungato. "Ho trovato mia figlia nel lettino. Era mattina, ma non ricordo l'ora. Sono andata subito da mia figlia, l'ho accarezzata e ho capito che non si muoveva perchè non giocava come le altre volte". Diana "non era fredda, ho tentato di rianimarla, le ho fatto il massaggio cardiaco, la portai in bagno per bagnarle piedini, manine, viso e testina per cercare di farla riprendere. Il pannolino era sul letto", ha raccontato Pifferi.
"Andai dalla mia vicina di casa, ma non c'era nessuno nel cortile e allora andai di fronte a casa mia. Le dissi che avevo bisogno di aiuto. Vide subito la bambina, andai in panico, tremai, mi misi a piangere. Chiamai il 118 e D'Ambrosio, ma lui non venne", ha aggiunto la donna con riferimento all'uomo che frequentava all'epoca. "Avevo detto alla mia vicina di aver lasciato Diana con una baby sitter perchè ero sotto choc. Andai nel panico".
"Andavo da lui il fine settimana. Le prime volte la portavo, mentre altre volte la lasciavo a questa amica che non si trova. L'ho lasciata da sola pochissime volte. L'indomani tornavo a casa, di solito", ha detto Pifferi. "Pensavo che il latte le bastasse. La lasciavo sola nel lettino, in un lettino da campeggio, ha spiegato, con riferimento a quando usciva di casa per andare dal compagno. Secondo al donna, la bambina "non era in grado di uscire da sola dal lettino, ha aggiunto. "Quando tornavo era tranquilla, la cambiavo, le davo la pappa, era tranquilla. Le cambiavo anche il pannolino sporco di urina". Pifferi, 38 anni, è accusata di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione.
"Quello che so per certo e è che io non ho mai dato gocce o tranquillanti a mia figlia", ha dichiarato la donna. L'uomo che frequentava all'epoca - ha riferito Pifferi - "ha provato un paio di volte a mettermelo nel bicchiere, ma io non ho mai preso tranquillanti. Non me ho mai avuto bisogno". Il tranquillante "l'ha portato lui perchè l'usava per dormire".
"Eravamo molto legate, veniva anche in bagno con me, non mi staccavo mai da mia figlia. Io cominciai a lasciarla da sola perchè il signor d'Ambrosio mi aveva detto di lasciarla a casa da sola per andare a fare la spesa". Lo ha detto Alessia Pifferi in corte d'assise a Milano, dov'è imputata per omicidio con l'accusa di aver lasciato morire di stenti, nel luglio 2022, la figlia Diana, di un anno e mezzo. "E' successo due-tre volte che lui mi disse di lasciarla da sola a Leffe per andare a fare la spesa".
"Avevo paura di parlare e non dissi niente e lui mi riportò a casa sua. Per questa ragione non sono tornata a casa da Diana". "Io - ha aggiunto - mi preoccupavo di mia figlia ma "purtroppo avendo paura delle reazioni del signor D'Ambrosio avevo paura di parlare con lui", ha dichiarato l'imputata, a proposito dell'uomo che frequentava all'epoca e che era andata a trovare lasciando sola in casa la piccola. "Era parecchio aggressivo verbalmente; una volta ha anche cercato di sbattermi contro a un vetro in una discussione. Mi preoccupavo per mia figlia" ma "al tempo stesso avevo paura di chiedere di portarmi a casa". "Vivo male la giornata, mi sento spenta mi sento buia la mia bambina mi manca tantissimo anche perché il carcere non è un bel posto. Non è mai stata un peso per me", ha aggiunto.
La sorella Viviana: "Ha recitato tutta la vita"
"Ha recitato tutta la vita. Per lei la colpa è sempre degli altri. Spero che si sia davvero pentita. Me lo auguro di cuore che si penta di quanto ha fatto, ma per lei stessa. Ripenso a quella bambina lasciata da sola nel lettino per una settima. Se ne e' accorta ora che un biberon non bastava?". A dirlo è Viviana, sorella di Alessia Pifferi, al termine dell'esame in aula in Corte d'assise a Milano, dov'e' imputata di omicidio con l'accusa di aver lasciato morire di stenti, nel luglio 2022, la figlia Diana, di un anno e mezzo. "Per me ora - ha proseguito Viviana Pifferi - è impossibile riallacciare i rapporti. Ha vissuto una vita normale, quindi, forse un po' di deficit ce li abbiamo tutti", ma "non da arrivare a queste cose". Secondo la donna, quel che la sorella ha dichiarato in aula "sembrava molto mirato. Quando non sai cosa dire dici di non ricordare". A chi le chiedeva se la madre riallaccerà mai i rapporti ha risposto: "Non lo so. Io parlo per me anche perché lei dice di non avere mai avuto un rapporto con mia mamma", ma "non è vero".
Lo psichiatra della difesa: Alessia "ha un ritardo mentale"
Alessia Pifferi "non è una bambina di 8 anni, ha un ritardo mentale e dai test emerge l'assenza totale di entrare in relazione empatica con altre persone. Per me si tratta di un vizio parziale di mente e sarei contento se venissero fatti altri test. La donna ha un bisogno primitivo di protezione". È la tesi prospettata da Marco Garbarini, psichiatra forense e clinico, consulente della difesa, rispondendo alle domande delle parti in Corte d'assise a Milano, dove Alessia Pifferi è imputata per omicidio con l'accusa di aver lasciato morire di stenti, nel luglio 2022, la figlia Diana, di un anno e mezzo. "Sapeva preparare il biberon. Ma è capace di rispondere ai bisogni della figlia? Sono queste le cose di cui io sto parlando", ha aggiunto Garbarini, secondo cui "Alessia Pifferi non è assolutamente una calcolatrice. Non credo che ci sia nessuna volontà nel determinare quello che è accaduto".
Pifferi, ha sostenuto il perito, "aveva perso il senso della dimensione temporale delle azioni e non sono sicuro che fosse in grado di distinguere fra 3 o 5 notti e che questo avrebbe portato a delle conseguenze quali sono state". Quello che è emerso dai test è che "la Pifferi è come se non avesse cognizione temporale. Ho dei dubbi - ha spiegato il consulente - sul fatto che Alessia Pifferi fosse in grado di distinguere tre notti, quattro notti, cinque notti". Per Garbarini "non era capace di capire le conseguenze del suo atteggiamento". La donna "parla della figlia con modalità che lascia intendere una maggiore età anagrafica e autonomia". Per il consulente "fa fatica a riconoscere l'esperienze e i sentimenti delle altre persone" e "anche la memoria è risultata deficitaria". Il test che si usa per definire o meno lo stato di insufficienza mentale ha "evidenziato un QI 40, un valore veramente basso ai limiti tra un insufficienza media e grave". La richiesta di altri "test è dovuta proprio al fatto che durante un primo colloquio era difficile apprezzare che il QI fosse cosi' basso". La patologia "non si limita a quello che è il funzionamento intellettivo del soggetto" poiché "ha anche ripercussioni sull'affettività, personalità, controllo emotivo e pulsionale", ha affermato il consulente.