AGI - "Giovanbattista, figlio di Napoli, accetta la richiesta di perdono della tua città". Così l'arcivescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia, si è rivolto idealmente a Giovanbattista Cutolo, il 24enne ucciso a colpi di pistola da un 17enne, nell'omelia pronunciata nel corso dei funerali celebrati nella chiesa del Gesù nuovo, affollata da centinaia di persone e dalle autorità.
"Accetta le scuse, forse ancora troppo poche, di coloro che si girano ogni giorno dall'altra parte, che pur occupando incarichi di responsabilità hanno tardato e tardano a mettere in campo le azioni necessarie per una città più sicura, in cui tanti giovani, troppi giovani perdono la vita per mano di loro coetanei".
L'arcivescovo ha chiesto perdono al giovane ucciso per "tutti gli adulti di Napoli, coloro che dimenticano che i bambini, gli adolescenti, i giovani sono figli di tutti e tutti devono prendersene cura, facendo la propria parte, alzando la propria voce, mettendoci la propria faccia e condividendo la propria vita dinanzi a una deriva fatta di egoismo e di indifferenza, di individualismo e narcisismo, secondo cui è importante ritagliarsi il proprio posto al sole senza curarsi invece di chi cresce e vive nell'ombra del malaffare, del disagio, della criminalità".
"Perdonaci tutti Giogiò - ha proseguito - perchè quella mano l'abbiamo armata anche noi, con i nostri ritardi, con le promesse non mantenute, con i proclami, i post, i comunicati a cui non sono seguiti azioni, con la nostra incapacità di comprendere i problemi endemici di questa città che abitata anche da adolescenti camminano armati, come in una città in guerra".
"Per questo se qualcuno un tempo ha detto 'fuggite, e qualcun altro oggi dice 'scappate, io vi dico: restate", ha detto l'arcivescovo concludendo la sua omelia. "Restate e operate una rivoluzione di giustizia e di onestà. Restate e seminate tra le pietre aride dell'egoismo e della malavita il seme della solidarietà, il fiore della fraternità, la quercia della giustizia".
Un lungo applauso ha accolto l'arrivo in piazza del Gesù del feretro di Giovanbattista Cutolo, la piazza è stata transennata dalle forze dell'ordine per regolare i flussi in entrata e all'esterno della chiesa è stato affisso uno striscione che recita 'Nessuno muore finchè vive nel cuore di chi resta. Giustizia per Giovannì. Dall'altra parte della piazza, davanti alla facciata laterale della basilica di Santa Chiara, il Comune ha allestito un maxischermo per consentire a più persone di assistere al rito funebre.
I 700 posti a sedere sono stati tutti occupati e diverse centinaia di persone si sono raccolte nelle navate laterali e in fondo alla chiesa. Dopo Sangiuliano, è arrivato anche il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, che ha fatto le condoglianze ai familiari e ha abbracciato la mamma di Giovanbattista, Daniela Di Maggio, con cui è rimasto a parlare per alcuni minuti.
Con lui anche il prefetto Claudio Palomba, mentre in precedenza avevano occupato i banchi riservati alle autorità anche il sindaco Gaetano Manfredi, il vicepresidente della Camera, Sergio Costa, il sottosegretario Pina Castello e l'ex ministro della Salute, Roberto Speranza. Davanti all'altare ci sono le corone di fiori e i gonfaloni del Comune, della Regione e della Città metropolitana. Appoggiato alla balaustra dell'altare principale c'è invece uno striscione con la scritta 'Teatro San Carlo Napolì.
"Questo è il momento del dolore ed è un dolore insopportabile. Chiedo giustizia per mio figlio". Sono le parole rivolte da Daniela Di Maggio ai giornalisti e alle persone presenti all'esterno della chiesa del Gesù Nuovo. La donna, accompagnata dal marito Franco, e imbracciando il corno suonato dal figlio, prima di entrare in chiesa ha aggiunto: "È un momento di grande raccoglimento, fatelo per a Giovanbattista che ci teneva al rispetto della legalità".
"Napoli sei tu e non Gomorra, non è Mare fuori o il Boss delle cerimonie", dice la sorella, Ludovica Cutolo, parlando con un microfono all'altare della chiesa del Gesù Nuovo a Napoli. "Mamma sta lottando per te, con la forza di cento uomini - aggiunge - perchè non puoi essere definito da quello che ti è successo. Io non sono figlia unica. Siamo sempre Giogiò e Lulù".
Intanto l'avvocato del diciassettenne che abita nei Quartieri Spagnoli di Napoli, ha ribadito all'AGI che "Non si era accorto che era il ragazzo morto, glielo ha detto il padre, e, quando ha capito ciò che aveva fatto, si è reso subito collaborativo. Adesso ha maturato anche dentro se stesso la gravità del gesto. E vorrà chiedere perdono alla famiglia della vittima".
Il diciassettenne, dopo la convalida del fermo arrivato a poche ore dal delitto, è chiuso nell'istituto di pena minorile di Nisida "e sta male, in stato di choc, affranto e non ha voglia di parlare con nessuno", spiega Piccirillo. Rispetto ai primi momenti, quando non aveva ben compreso le conseguenze del suo gesto, due colpi sparati alle spalle e poi uno al petto di Cutolo, "ora è consapevole del gesto estremo che ha commesso. Ha metabolizzato ed è pronto ad affrontare il suo debito con la giustizia".
"Il mio assistito ha sbagliato, ha commesso un reato atroce e pagherà ma c'è un problema generazionale - sottolinea l'avvocato - bisogna interrogarsi sul ruolo dei social. Ci vuole un massiccio intervento delle istituzioni. E in alcuni casi le zone nevralgiche della movida dovrebbero essere maggiormente sorvegliate".