AGI - Shabbar Abbas è rimasto "in silenzio" sul volo dell'Aeronautica da Islamabad a Ciampino. Rassegnato a essere processato in Italia assieme alla moglie Nazia e ad altri tre familiari con l'accusa di avere ucciso la figlia Saman di 18 anni perché aveva detto no a un matrimonio forzato e, in generale, si era incamminata sulla strada di una libertà a lui ostile.
Forse nemmeno Shabbar, detenuto a Islamabad da novembre del 2022, si aspettava che Italia e Pakistan ce l'avrebbero fatta dopo mesi di tormentati e ripetuti rinvii, strappi e ricuciture diplomatiche, a trovare la via di un'estradizione storica, la prima dalla sua terra a Roma.
Le differenze "di ordinamento giuridico, valoriali e religiose", ha sottolineato più volte il procuratore di Reggio Emilia, Gaetano Calogero Paci, hanno lasciato il passo a "esigenze di giustizia" e "l'esito positivo dimostra il fatto che il Pakistan, al di là di ogni altra considerazione, ha guardato alle fonti di prova che la procura della repubblica di Reggio Emilia ha raccolto e che poi il ministero degli Esteri, attraverso il ministero della Giustizia, ha trasmesso". Fonti di prova, aggiunge, "allo stato solide e tali da legittimare l'estradizione di una persona".
La vicenda della ragazza trovata sepolta in una buca nelle campagne di Novellara un anno e mezzo dopo la sua morte "per strangolamento o strozzamento" potrebbe aver aperto un nuovo varco tra i due Stati come suggerisce la considerazione del generale della Guardia di Finanza Giampiero Ianni, responsabile dell'Interpol in Italia.
"Al di là delle vicende politiche, ciò che è stato evidenziato è l'interesse da parte del Pakistan e dell'Italia ad approfondire e coltivare anche questo rapporto di cooperazione perché non solo è assolutamente funzionale ai rapporti bilaterali ma anche per ulteriori sviluppi investigativi futuri e in altri ambiti”. Paci va oltre suggerendo che "l'opinione pubblica italiana ha subito uno choc, ma anche in Pakistan il caso di Saman ha destato forte commozione" e ha assicurato che anche nel Paese di Shabbar è inaccettabile un omicidio come questo.
Secondo il magistrato, "questa vicenda rappresenta un esempio di perfetta funzionalità ma anche di credibilità e affidabilità all'estero del sistema giudiziario e istituzionale italiano che ha concorso a tutti i livelli al conseguimento del risultato".
Maurizio Pallante, il comandante del Nucleo investigativo dei carabinieri di Reggio Emilia è andato fisicamente in Pakistan a prendere Shabbar. Segue il caso dal primo minuto, da quando la giovane ha manifestato quel disagio familiare che l'ha portata in comunità: "È un momento gratificante se pensiamo che fino a due anni fa non avevamo trovato il suo corpo e non c'era nessuna persona sospettata. Abbiamo lavorato senza continuità con un grande coinvolgimento nella tragedia di questa ragazza". Tutti i 'protagonisti' dell'estradizione chiamano Saman per nome a conferma dell'impatto anche emotivo che avuto la sua storia.
Ora manca un ultimo pezzo all'inchiesta. "Lavoriamo sottotraccia per trovare anche Nazia, la moglie di Shabbar. Coperture per lei in quanto donna? Non ci risultano - garantisce Paci -. C'è una 'red notice'. Appena viene trovata sarà arrestata". Per adesso Nazia, che avrebbe progettato l'omicidio assieme al marito facendolo eseguire allo zio di Saman, Danish Hasnain, e ai cugini Ikram Ijaz e Nomanullaq Nomanullaq, viene giudicata in contumacia.
Appuntamento all'otto settembre quando, come ogni imputato, Shabbar deciderà se andare in aula e rendere dichiarazioni davanti alla Corte d'Assise. E se presentarsi più in là nel processo, che marcia verso una probabile sentenza entro fine anno, quando toccherà a suo figlio, il fratellino di Saman, raccontare in aula cosa è successo alla ragazza riconosciuta da chi ne ha analizzato le spoglie dall'analisi dei denti grazie a una foto in cui sorrideva.