AGI – Acqua dolce, ma solo in apparenza. Cinque bagnanti morti nel lago di Como in città negli ultimi due anni, diciassette in venti mesi risucchiati nel Lario. L’ultimo è stato un ragazzo egiziano di 20 anni che è annegato il 13 agosto davanti al Tempio Voltiano che onora il nato più illustre, Alessandro Volta.
Fino al boom turistico del dopo pandemia era molto inusuale vedere persone tuffarsi dalle rive cittadine nel lago che in questo tratto non è balneabile. “Il turismo di massa spiega l’aumento del numero di persone che hanno perso la vita – dice all’AGI Claudio Giacalone, il Comandante dei Vigili del Fuoco di Como -. Certo, molto dipende anche dalla conoscenza dei rischi del lago in genere e di questo in particolare”.
Le vittime sono spesso stranieri, turisti per un giorno incantati dallo specchio d’acqua tra le montagne si mettono alla prova anche senza saper nuotare. Forse ingannati dall’apparente placidità di un lago in realtà molto pericoloso. “I comaschi sanno che le acque del lago hanno una temperatura stabile tutta l’anno, anche quando fa molto caldo. Chi si tuffa va incontro al rischio della sincope da immersione rapida perché, scendendo in profondità, la temperatura è molto fredda e lo sbalzo termico può causare enormi problemi. Teniamo anche presente che questo è il terzo lago più profondo d’Europa, il primo in Italia e che nuotare nel lago è più difficile che al mare, dove si galleggia meglio”. A tutto ciò va aggiunta “l’imprudenza delle persone che si tuffano dove non è consentito, ignorando i cartelli di divieto o, magari, dopo avere bevuto u po’ troppo”.
In questi giorni a Como si dibatte se si possa fare di più a livello di vigilanza. Dopo la morte del giovane egiziano, il sindaco Alessandro Rapinese ha detto ai media locali che “il Comune non poteva fare più di quello che ha fatto”. “I dati che stiamo analizzando – ha dichiarato al quotidiano ‘La Provincia’ – ci dicono che in molti casi sono persone che si sono immerse pur non sapendo nuotare. La responsabilità dell’individuo non può ricadere sull’amministrazione. I comaschi invece sanno che corrono dei rischi”.
Parole che hanno indignato le opposizioni e chi sostiene che i divieti ci sono ma vanno anche fatti applicare attraverso una vigilanza fissa, almeno in città. Giacalone osserva che “servirebbe un un numero di vigili immane per presidiare i 170 km delle sponde del lago e, dunque, bisogna agire sulla prevenzione e far conoscere i rischi”.