AGI - Tra i tanti ritratti e testimonianze su Silvio Berlusconi che occupano le pagine dei quotidiani il giorno dopo la sua scomparsa, avvenuta lunedì 12 giugno, ce n’è uno inedito e curioso proposto dal mensile dei gourmet per eccellenza, Il Gambero Rosso, che descrive “il suo approccio alla gastronomia, al bien vivre, le sue passioni e le sue idiosincrasie a tavola”, che hanno contrassegnato oltre un ventennio di cronaca politica e mondana italiana.
Descritto come “una persona molto attenta al mangiar bene”, un buongustaio “che a tavola cercava uno stile classico che abbracciava la Penisola con le sue tipicità regionali”, il Cavaliere aveva tuttavia “anche gusti alimentari molto precisi”. Famosa, scrive il mensile, la sua “predilezione per pizza Margherita, mozzarella di bufala”, ma anche “il classico gelato alla crema come dessert” e grande, al tempo stesso, “la sua passione per la carne con in testa l'arrosto al ragù e l’ossobuco”. Tant’è che in un'intervista del 2014 la sua ex compagna dell’epoca, Francesca Pascale, dichiarava che il Cavaliere amava “la sua parmigiana di melanzane, le mezze maniche al forno alla siciliana e la classica cotoletta alla milanese”.
Però una delle fissazioni di Berlusconi era sicuramente l'ormai celebre “menù tricolore” sfoggiato nei pranzi di partito, in quelli ufficiali con i leader stranieri, “ma anche nelle famose cene eleganti che caratterizzavano il periodo del bunga bunga” in cui “dall’antipasto al dolce, tutto era caratterizzato dai colori della bandiera italiana”: da una semplice caprese (con il verde del basilico, il bianco della mozzarella, il rosso del pomodoro) per passare all'assaggio di tre primi (pennette al pesto genovese rigorosamente senza aglio, ai quattro formaggi e al ragù), mentre il secondo era affidato solitamente alla carne accompagnata da flan di verdure (spinaci, broccoli e carote). La chiusura dolce era infine dedicata al gelato, anche questo “servito in modalità tricolore: palline di fragola, fior di latte e pistacchio”.
Unica idiosincrasia e quindi regola da non trasgredire: "Mai aglio o cipolla", come ricordato in un'intervista del lontano 1994 dallo chef rossonero Michele Persechini, origini ciociare. Per il resto i suoi gusti erano ad ampio raggio "libertà assoluta, anche se meglio evitare il pesce (al massimo qualche mollusco, qualche crostaceo, per cucinare un filetto di sampietro, un rombo al forno bisogna che Lui non ci sia), meglio esser prudenti con la carne (ammessi vitella o manzo, da evitare frattaglie, selvaggina, ovini, pollame, benissimo le quaglie con polenta e salsa di funghi), non si sbaglierà mai preparando un risotto", raccontava lo chef al settimanale Sette,
E la tavola? Predilezione per “tovaglie bianche, piatti bianchi Antica Doccia Richard-Ginori, sottopiatti d’argento e centrotavola con fiori freschi”. Importante anche la scelta dei vini, “con in testa quelli da Cabernet Sauvignon e Riesling”. Infine, meglio il pane dei grissini, perché molto più grassi, essendo il Cavaliere attento alla linea.