AGI - Una sola condanna, quella per i fondi neri creati dalle sue aziende, nella lunga e tormentata ‘vita giudiziaria’ che ha accompagnato i successi prima da imprenditore e poi da politico. Milano è l’’arena’ in cui si è celebrato più volte quello che per anni è stato un duello capitale: l’uomo più potente del Paese contro le da lui definite ‘toghe rosse’ rappresentate perfino nelle cene ad Arcore da una delle ospiti, Marysthelle Polanco, travestita con tanto di parruccca fulva da Ilda Boccassini, una delle sue accusatrici più tenaci. C’erano settimane in cui il calendario del Palazzo di Giustizia prevedeva fino a quattro-cinque udienze solo per lui. Nella sala stampa del tribunale chiamavano al telefono fisso (in quegli anni c’era ancora) giornalisti da tutti i continenti per avere informazioni sulle tempistiche dei suoi processi.
Il rapporto di Berlusconi con la magistratura ha segnato per decenni il dibattito sulla giustizia, tra riforme disegnate dai suoi governi, alcune delle quali definite ‘ad personam’ dagli avversari, e liti tra garantisti e giustizialisti che spesso si sono identificati in contro e pro il Berlusconi politico. L’immagine più intensa di questo scontro è datata 11 marzo del 2013.
Udienza del processo Ruby: Berlusconi è ricoverato al San Raffaele per un problema agli occhi, un'uveite. I giudici non credono al suo legittimo impedimento a essere in aula e dispongono una visita fiscale ad Arcore. Guidati da Angelino Alfano, un centinaio di parlamentari del Pdl muovono compatti verso il Tribunale intonando l’inno di Mameli sull’imponente scalinata del Palazzo. Boccassini ordina ai carabinieri di chiudere l’aula e non farli entrare. Mai nella storia italiana il conflitto tra politica e giustizia si è manifestato in modo così eclatante.
I finanziamenti a Fininvest
La prima volta del Cavaliere con la giustizia risale al 1983 quando la Guardia di Finanza compì degli accertamenti su un suo presunto coinvolgimento in un traffico di droga con la Sicilia. L’inchiesta venne archiviata.
Di sette anni dopo la prima condanna per avere dichiarato il falso sulla sua iscrizione alla lista P2 ma in suo soccorso arriva l’amnistia che estingue il reato. In epoca di ‘Tangentopoli’ si apre la sequela di procedimenti legati alle sue società. Il 12 luglio 1996 Berlusconi, l’ex segretario del Psi Bettino Craxi e l’amministratore delegato di Mediaset Ubaldo Livolsi vengono rinviati a giudizio con altre nove persone per l’ inchiesta sul presunto finanziamento illecito della Fininvest, attraverso la società All Iberian, al Psi. Il pm Francesco Greco chiede per Berlusconi 5 anni e 6 mesi di reclusione e 12 miliardi di lire di multa poi, dopo lo stralcio del reato di falso in bilancio, riformula la richiesta in due anni e mezzo e sempre 12 miliardi di multa. E la condanna arriva nel 1998 a 2 anni e 4 mesi.
In appello però, nel 2000, le attenuanti generiche fanno scattare la prescrizione. Stesso epilogo per il presunto pagamento in nero per l’acquisto dell’estroso giocatore del Torino Gianluigi Lentini del Milan di cui è stato a lungo presidente. La prescrizione arriva anche sulla base di una modifica della legge che abolisce il falso in bilancio voluta dal suo esecutivo.
Il Lodo Mondadori
Un ricco capitolo riguarda i processi nati dalle dichiarazioni rese dalla ‘teste Omega’ Stefania Ariosto’ sulla presunta corruzione dei giudici romani nei casi Imi-Sir, Lodo Mondadori e Sme. Berlusconi ne uscì ‘pulito’ a differenza di altri protagonisti di queste vicende, come l’avvocato e grande amico Cesare Previti, anche ministro della Difesa nel suo primo governo, e Vittorio Metta, il giudice che scrisse la sentenza che nel 1991 mise fine alla cosiddetta ‘guerra di Segrate’, assegnando il controllo della Mondadori a Fininvest ai danni di Carlo De Benedetti. Per i giudici della Cassazione questa decisione venne comprata con 200 milioni di lire. Berlusconi ne uscì con la prescrizione che per lui scattò prima perché il reato di corruzione ‘semplice’ era più veloce a scadere di quello contestato agli altri, corruzione in atti giudiziari.
La legge Mammì e Telepiù
Uno dei momenti più intensi dello scontro tra Berlusconi e le toghe avviene il 22 novembre 1994 quando a Berlusconi viene recapitato un invito a comparire mentre presiedeva il G7 a Napoli. L’’evento’ era stato annunciato il giorno prima da uno scoop del Corriere della Sera. Il sollecito a presentarsi in Procura era arrivato dai magistrati di Milano nell’ambito dell’indagine con al centro la proprietà della tv a pagamento Telepiù e la legge Mammì sull’editoria. Berlusconi venne poi assolto in appello dopo una condanna in primo grado.
La condanna per frode fiscale
L’unica condanna a 4 anni di carcere per frode fiscale è quella del processo Mediaset sulla compravendita dei diritti televisivi e cinematografici con società statunitensi per 470 milioni di euro. E’ il primo agosto del 2013, la sentenza arriva dopo dieci anni di lotte in aula tra il pm Fabio De Pasquale e gli storici avvocati del Cavaliere, Niccolò Ghedini e Piero Longo, ai quali nell’ultima fase aggiunge il professor Franco Coppi.
Il verdetto della Cassazione dice che i pagamenti delle società di proprietà della famiglia dell’ex presidente del Consiglio sono stati effettuati attraverso due off-shore le quali hanno rivenduto i diritti con una forte maggiorazione di prezzo a Mediaset allo scopo di aggirare il fisco italiano. La differenza tra il valore reale e quello finale ha consentito di mettere da parte “fondi neri” per 280 milioni di euro. Il 6 marzo 2015 Berlusconi finisce di scontare la sua pena dopo un periodo di affidamento in prova ai servizi sociali alla Sacra Famiglia di Cesano Boscone coi malati di Alzheimer. In seguito è lo stesso Tribunale di Milano a concedergli la riabilitazione che cancella gli effetti della condanna restituendogli la possibilià di candidarsi.
Il processo Ruby
Il massimo della ‘popolarità’ giudizaria per Berlusconi arriva però col processo Ruby, inchiesta nata nel 2010 dalle dichiarazioni della giovane marocchina che entrò da minorenne per la prima volta in quelle che vennero poi ribattezzate le cene di Arcore. Viene indagato per concussione e prostituzione minorile. Il quadro disegnato dai magistrati, di nuovo Boccassioni in testa, è quello di festini osé in cui giovani ospiti ‘ingaggiate’ dall’agente dello spettacolo Lele Mora e dal giornalista Emilio Fede hanno rapporti sessuali a pagamento col Cavaliere.
Gli viene contestata anche la concussione per avere indotto il funzionario della Questura Pietro Ostuni ad affidare la ragazza, in fuga da una comunità per minori, a Nicole Minetti. La difesa è che Ruby sarebbe stata affiancata dall’ex igienista dentale e poi consigliera regionale perché si pensava fosse la nipote del leader egiziano Mubarak. In primo grado arriva la condanna a sette anni di carcere poi cancellata in appello e Cassazione dove viene evidenziata la non consapevolezza dell’allora premier sulla minore età. Il processo è una kermesse, con inviati dei media di tutto il globo.
Personaggi del mondo dello spettacolo e fascisose donne in fila per testimoniare su dettagli piccanti delle serate a Villa San Martino. Alcuni di loro finiscono nel capitolo Ruby ter, quello che segue al bis con le condanne di Lele Mora ed Emilio Fede. L’ultima coda della saga vede gli imputati, sparsi davanti a diversi tribunali, accusati di avere detto il falso in aula per proteggere Berlusconi in cambio di denaro, carriera e altre utilità. I processi vanno molto a rilento a causa dei continui legittimi impedimenti per le condizioni di salute sempre più compromesse del Cavaliere. Il 16 febbraio 2023 il Tribunale assolve Silvio Berlusconi 'perche' il fatto non sussiste’assieme a tutti gli altri imputati. Il suo commento: “Dopo undici anni di fango e danni politici incalcolabili sono stato assolto perché ho avuto la fortuna di incontrare magistrati che hanno saputo mantenersi indipendenti e imparziali”. Finisce così, con un riconoscimento di valore agli avversari di sempre, la lunga storia tra il Cavaliere e la giustizia.