AGI - "La leggenda narra che nel 600 lo storico Antonio Beatillo si trovò tra le mani una ampolla di sangue di San Pantaleone: un sangue miracoloso, ma un po’ raggrumato. Aveva da parte anche un po’ di Manna di San Nicola. Decise di mescolarle e ci fu una “schiumazione”, simile a quella che avviene con il sangue di San Gennaro. Così si dice che un san Nicola e un san Pantaleone, fanno un san Gennaro".
Passa anche tra miti e leggende il racconto di Francesco Paolo De Ceglia, docente di Storia della scienza all’Università degli studi di Bari “A. Moro”, autore del libro “Il segreto di san Gennaro”, il legame tra le due città più grandi del Meridione.
Una storia, quello del santo più amato e venerato a Napoli, che si unisce a doppia trama con il barese San Nicola: "Quest’anno la particolarità sarà data dalla coincidenza della festa nelle due città – spiega il professore -. A Bari, il vescovo di Myra sabato 6 arriverà al molo di sant’Antonio, mentre a Napoli ci sarà la processione del Santo e delle ampolle contenenti il sangue del patrono. Quella del sabato che precede la prima domenica di maggio, infatti, è la prima delle tre date - seguirà il 19 settembre e il 16 dicembre - nelle quali tradizionalmente si attende il miracolo della liquefazione del sangue di San Gennaro".
Entrambe le figure sono estremamente radicate nelle città, quasi come se avessero un "grande 'senatore' in cielo che lavora per loro – aggiunge De Ceglia -. Santi su cui, però, si sa fondamentalmente poco: l’affetto di Bari e Napoli per Nicola e Gennaro, e la volontà mitopoietica, hanno fatto sì che i due centri sviluppassero attorno a queste figure la loro identità".
Il nostro capoluogo lo fa in una misura maggiore: "Il miracolo – o come sono stati chiamati dopo il Concilio Vaticano II, prodigi – a Bari sono perenni, perpetui, perché nella Basilica c’è sempre una evidenza della raccolta della Sacra Manna. A differenza di quel che accade a Napoli, dove c’è la possibilità che non avvenga la liquefazione del sangue".
E, mentre a Bari, la devozione per il vescovo di Myra ha surclassato tutti gli altri, a Napoli "dopo la prima eruzione del Vesuvio del 1631 e fino alla conclusione della fase attiva nel 1944, ogni qual volta la città rischiava di essere sepolta dalla lava – spiega il docente -, i cittadini aggiungevano Santi nel loro “Pantheon” di protettori".
Il mese di maggio non viene scelto a caso: nei secoli diventano, infatti, "versioni cristianizzate di feste della fertilità – conclude il professor De Ceglia -, perché c’è l’inizio della stagione calda, la liberazione dall’inverno".
Ed è proprio in questo mese che, nella vicina Bitonto, a pochi chilometri da Bari, che si celebra la rievocazione storica della Battaglia del 25 maggio 1734 – ricordata anche da Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel 'Gattopardo' - che fu combattuta tra l’esercito spagnolo, comandato dal generale Montemar, e quello austriaco, guidato dal principe di Belmonte: questa – che si colloca nella guerra di successione polacca - si concluse con la disfatta di quest’ultimo e la vittoria totale degli spagnoli, che portò il Regno di Napoli sotto il dominio di Carlo di Borbone. Montemar, dinanzi all’aiuto dei cittadini nei confronti del nemico, decise di farla saccheggiare: solo l’intervento della Vergine Immacolata – da allora patrona di Bitonto – fermò il condottiero.
“Non oltraggiare questa città, essa è la pupilla degli occhi miei”. Così il duca si diresse verso Bari per combattere le forze austriache: Belmonte si stava preparando alla difesa, ma la rivolta dei baresi, che non volevano subire la sorte scampata miracolosamente a Bitonto, lo costrinse alla resa.
Questi eventi causarono la conquista da parte degli spagnoli di tutto il Regno di Napoli. Un momento storico che portò inevitabili risvolti storici, economici, linguistici e culturali per le due importanti città del Meridione d’Italia.
Impossibile non citare il generale francese e re di Napoli Gioacchino Murat che nell’Ottocento avviò opere pubbliche di rilievo anche nel resto del Regno, come il Borgo Nuovo di Bari, da cui prende il nome il cosiddetto centro murattiano, che costituisce il cuore della città, cuore pulsante del capoluogo.
Napoli, dunque, divenne un centro nevralgico e, nei secoli, furono diversi i compositori, gli scrittori, i pittori che dalla terra di Bari, si recavano in scuole di specializzazione, università e al Conservatorio “San Pietro a Majella” per gli studi accademici.
Tra questi si potrebbero nominare il compositore Tommaso Traetta, poi noto in tutta Europa fino ad arrivare alla corte di Caterina II di Russia, il pittore Carlo Rosa, il pedagogista Giovanni Modugno, e molti altri che si farebbe danno a non citare.