AGI - A memoria non si ricordano in Italia sedici riesumazioni di corpi tutti insieme nel contesto di un’inchiesta giudiziaria. E allora la Procura di Foggia deve avere sul tavolo delle carte d’accusa davvero importanti nei confronti di A.B, l’infermiere di 55 anni che avrebbe ucciso volontariamente, questa è l’ipotesi, uomini e donne nell’Hospice di Torremaggiore provati da malattie tremende e senza scampo imbottendoli di benzodiazepine, in particolare di Midazolam.
Quello che la Procura di Foggia ha in mano non possiamo saperlo visto che l’indagine è alle prima battute e c’è un giusto riserbo però i legali, non solo prevedibilmente l’avvocato Luca Marinelli, che assiste A.B., ma anche, e qui siamo di fronte a un primo fatto singolare, quelli delle famiglie che sarebbero parte offesa, manifestano qualche perplessità.
Perché non è stato interdetto?
“Stupisce che con un’accusa di questa portata l’indagato non sia destinatario di una misura cautelare, nemmeno di un’interdizione all’attività lavorativa” dice all’AGI Marinelli aggiungendo che l’infermiere non lavora più nell’hospice “perché è stato spostato in un’altra struttura ma è pur sempre a contatto con dei degenti, seppure non pazienti terminali”.
Le morti sospette sarebbero avvenute in un tempo molto breve, dal 14 novembre del 2022 al 16 febbraio del 2023. Potrebbero essercene state anche prima, alcuni familiari di persone mancate in epoca precedente si sono fatti vivi con dei legali per capirlo.
"Un infermiere di particolare dolcezza"
L’inchiesta non è senz’altro partita dai congiunti delle vittime. Certo, avrebbero potuto non sapere nulla di quello che succedeva ai loro parenti tra le mura dell’hospice ma quello che a loro risultava, ascoltando le voci degli avvocati che li assistono, è che A.B. fosse un infermiere gentile. “Un uomo noto per la particolare dolcezza coi malati, un bravissimo ragazzo - afferma Marinelli -. Quando gli ho comunicato la notizia dell’indagine, si è spaventato: ‘Cosa avrei fatto per meritare un’accusa così?’, è stata la sua reazione. I familiari delle persone morte confermano quanto lavorasse bene. Torremaggiore è una piccola comunità, il mio assistito e i parenti di quelle persone si conoscono ”.
Alcuni parenti non volevano riesumare i corpi
Alcuni familiari chiamati dalla Procura per la riesumazione perché hanno dovuto nominare dei loro consulenti hanno provato fino all’ultimo a impedire che i corpi venissero riportati alla luce. Alcuni, viene riferito, non volevano che fossero ancora straziati, dopo tante sofferenze già patite in vita, altri non erano convinti dell’indagine. Ovviamente in questi casi vale quello che ritiene corretto fare la Procura e le riesumazioni, cominciate il 24 aprile, proseguono velocemente in questi giorni.
“I miei assistiti sono caduti dalle nuvole, quando il loro congiunto è mancato dopo una lunga malattia l’hanno vissuto quasi come una liberazione per tutta la sofferenza atroce che aveva provato” riferisce l’avvocato Mauro Valente.
L'origine dell'indagine
C’è il tema dell’origine dell’indagine. Esclusa l’Asl di Foggia, escluse le famiglie, sembrerebbe che tutto sia partito da una denuncia anonima alla direzione sanitaria. “Forse qualche collega che potrebbe aver avuto degli screzi col mio assistito, non rendendosi conto di denunciare fatti che avrebbero potuto avere conseguenze così gravi” ragiona Marinelli.
La Procura ha sequestrato le cartelle cliniche dalle quali risulterebbero delle anomalie così gravi da far intraprendere un’attività costosissima, com’è quella della riesumazione. L’avvocato Valente stima una cifra attorno ai 100mila euro gli oneri economici, anche per le consulenze, che per una Procura di non grandi dimensioni come quella di Foggia non è poco. Da capire c’è anche se, come riferito da A.B., il Midazolam facesse “parte del piano terapeutico” e in che dosi e sia stato mixato con altri farmaci tanto da indurre un’accelerazione dei decessi. Sul suo profilo Facebook A.S. mostra la foto di due anziani che si tengono per mano.