AGI - “Lavoro con Emergency in Sudan dal 2011 ed ho attraversato diverse fasi critiche del Paese come il colpo di stato, la deposizione del presidente Al-Bashir, la controrivoluzione. Ma la situazione non è mai stata così critica perché ci sono due eserciti contrapposti. Non avevamo mai visto in questi anni bombardare le case, è un evento nuovo e la popolazione è terrorizzata”. Lo racconta all’AGI Elena Giovanella, anestesista responsabile del reparto di Terapia Intensiva del centro Salam di Cardiochirurgia di Emergency di Khartum che insieme ad altri 14 operatori internazionali di Emergency ha deciso di non abbandonare il Sudan per rimane a prestare servizio in soccorso della popolazione.
L’Ong Italiana è presente in Sudan oltre che con il centro di cardiochirurgia della capitale Khartum anche con i centri pediatrici di Mayo, Nyala nel Sud Darfur, e a Port Sudan. Ha pensato anche lei di lasciare il Sudan quando la Farnesina ha messo a disposizione i voli per il rimpatrio in Italia?
“Sì, ci ho pensato immediatamente. Ma poi quando oltre 20 persone dello staff nazionale, ossia Sudanesi, si sono detti pronti a rimanere per mantenere aperto l’ospedale non ho avuto dubbi nel restare anche per garantire le cure ai pazienti già operati che si appoggiano ancora a noi”.
Vi sentite un po’ degli eroi a rimanere nel pericolo?
“Sono stata impiegata in passato anche con l’emergenza ebola in Sierra Leone. Si tratta solo del nostro dovere di medico. Sapevamo prima di venire qui che non era un Paese tranquillo, quando vieni a lavorare lo metti nel conto e un medico non può abbandonare i suoi pazienti. Se in futuro le condizioni peggioreranno e non ci consentiranno più di rimane, allora prenderemo in considerazione l’idea di abbandonare il Sudan, ma dovranno, prima, essere messi in salvo i pazienti”.
Il Centro Salam di cardiochirurgia di Emergency è l’unico ospedale totalmente gratuito di cardiochirurgia in una zona abitata da 300 milioni di persone, in cui arrivano trasportati gratuitamente da Emergency pazienti da tutto il continente africano E dove sono stati operati pazienti provenienti da una trentina di Paesi differenti.
“Qui siamo tranquilli, siamo fiduciosi che non accada nulla al momento poiché ci troviamo come struttura a 30 km dall’area dove avvengono gli scontri qui non ci sono stati bombardamenti di case ed è una zona vicino al Nilo molto povera”.
Quante persone si rivolgono al vostro centro ospedaliero?
“In Terapia Intensiva abbiamo 15 posti letto disponibili e al momento 4 pazienti ricoverati: uno è grave ed è stato sottoposto a un intervento da appena una settimana, è un paziente dell’Uganda che non è in grado di essere trasferito. Altri 2 pazienti sono due bambini di 7 e 9 anni che hanno bisogno di cure e farmaci per problemi al cuore, e un quarto paziente è un adulto in attesa di un pacemaker e si trova sotto monitoraggio. L’ospedale svolge anche un importante lavoro per le somministrazioni di terapie anticoagulanti post- operatorie. Ci sono più di 60 pazienti al giorno che attualmente stanno ricevendo la terapia farmacologica anticoagulante”.