AGI - "Dalle etichette allarmistiche ai wine kit, dai falsi al taglio dei fondi per la promozione, il vino italiano è sotto attacco con ripetuti blitz a livello comunitario che penalizzano il settore come il via libera concesso all'Irlanda ad adottare un'etichetta per vino, birra e liquori con avvertenze 'terroristiche. Lo scrive in una nota Coldiretti, che al Vinitaly di Verona ha aperto la prima "cantina degli orrori" con gli esempi più eclatanti degli attacchi al vino.
"Il giusto impegno dell'Unione per tutelare la salute dei cittadini - afferma Coldiretti - non può tradursi in decisioni semplicistiche che rischiano di criminalizzare ingiustamente singoli prodotti indipendentemente dalle quantità consumate. È infatti del tutto improprio - secondo Coldiretti - assimilare l'eccessivo consumo di superalcolici tipico dei Paesi nordici al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità e a più bassa gradazione come la birra e il vino. Un approccio ideologico nei confronti di un alimento come il vino che - sostiene la Coldiretti - fa parte a pieno titolo della dieta mediterranea e conta diecimila anni di storia e le cui tracce nel mondo sono state individuate nel Caucaso".
"Ma il vino Made in Italy - spiega Coldiretti - deve affrontare anche altri attacchi. Un esempio è la scelta della Ue di autorizzare nell'ambito delle pratiche enologiche l'eliminazione totale o parziale dell'alcol anche nei vini a denominazione di origine. In questo modo viene permesso ancora di chiamare vino un prodotto - sottolinea la Coldiretti - in cui sono state del tutto compromesse le caratteristiche di naturalità per effetto di trattamento invasivo che interviene nel secolare processo di trasformazione dell'uva in mosto e quindi in vino".
Si tratta "di un precedente pericoloso che apre la strada all'introduzione di derive che mettono fortemente a rischio l'identità del vino italiano, che è la principale voce dell'export agroalimentare nazionale" afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che "è in atto una demonizzazione indiscriminata, pilotata da alcune multinazionali, che punta ad affermare un nuovo modello alimentare e culturale che danneggia il settore e mette in discussione storia, cultura e valori fortemente radicati nel cibo e nei vini made in Italy, la dieta mediterranea stessa, patrimonio Unesco e il consumo moderato e responsabile che contraddistingue il vino in Italia".
Ma tra le pratiche discutibili c'è anche lo zuccheraggio del vino - spiega la Coldiretti - che è ad esempio permesso nell'Unione Europea a eccezione di Italia, Spagna, Portogallo, Grecia, Cipro, Malta e in alcune aree della Francia che rappresentano però circa l'80% della produzione comunitaria. Negli Stati Uniti - riferisce la Coldiretti - è addirittura consentita l'aggiunta di acqua al mosto per diminuire la percentuale di zuccheri secondo una pratica considerata una vera e propria adulterazione in Italia.
Miscele di vini da tavola bianchi e rossi per produrre un "finto rosè" vietate in Europa sono possibili invece in Nuova Zelanda e in Australia. "L'Unione Europea però - continua la Coldiretti - ha dato il via libera anche al vino senza uva con l'autorizzazione alla produzione e commercializzazioni di vini ottenuti dalla fermentazione di frutti diversi dall'uva come lamponi e ribes molto diffusi nei Paesi dell'Est.
L'ultima frontiera dell'inganno - prosegue la nota - è nella commercializzazione molto diffusa, dal Canada agli Stati Uniti fino ad alcuni Paesi dell'Unione Europea, di kit fai da te che promettono il miracolo di ottenere in casa il meglio della produzione enologica Made in Italy, dai vini ai formaggi.
Si tratta di confezioni che grazie a polveri miracolose promettono in pochi giorni di ottenere le etichette più prestigiose come Chianti, Valpolicella, Frascati, Primitivo, Gewurztraminer, Barolo, Lambrusco o Montepulciano".
"Il problema non è legato solo all'utilizzo delle pregiate denominazioni del Belpaese poichè in base alla normativa europea del vino, non è possibile aggiungere acqua nel vino o nei mosti", lamenta Coldiretti, e segnala che "a pesare sono anche i rischi legati alle richieste di riconoscimento di denominazioni che evocano le eccellenze Made in Italy come nel caso del Prosek croato, un vino dolce da dessert tradizionalmente proveniente dalla zona meridionale della Dalmazia, contro la cui domanda di registrazione tra le menzioni tradizionale l'Italia ha fatto ricorso, in virtù del fatto che potrebbe danneggiare il Prosecco".
Quello dei falsi resta comunque un mercato molto florido dove i rischi riguardano l'utilizzo delle stesse o simili denominazioni o simili per indicare prodotti molto diversi.
Dal Bordolino argentino nella versione bianco e rosso con tanto di bandiera tricolore al Kressecco tedesco, ma ci sono anche il Barbera bianco prodotto in Romania e il Chianti fatto in California, il Marsala sudamericano e quello statunitense tra le contraffazioni e imitazioni dei nostri vini e liquori più prestigiosi che, calcola Coldiretti, "complessivamente provocano perdite stimabili in oltre un miliardo di euro sui mercati mondiali alle produzioni Made in Italy".