AGI - "Il bello nella mia vita è stato quello di incontrarti, come se il destino decidesse di farsi perdonare facendomi un regalo in grande stile. Quel regalo sei tu...". Parole scritte nel 2019 da Lorena Lancieri, alias Diletta, e indirizzate al boss Matteo Messina Denaro. La donna – arrestata oggi dai carabinieri assieme al marito Emanuele Bonafede – avrebbe fatto parte di una rete che consentiva al latitante di mantenere i contatti con persone di sua strettissima fiducia.
Investigatori e inquirenti hanno ricostruito la "conoscenza", andando indietro nel tempo. La 'lettera' ritrovata in casa della sorella del boss, Rosalia Messina Denaro a Castelvetrano e riportata nel provvedimento del gip Alfredo Montalto prosegue: "Penso che qualsiasi donna nell'averti accanto si senta speciale, ma soprattutto tu riesci a far diventare il nulla gli altri uomini. Con te mi sento protetta, mi fai stare bene, mi fai sorridere con le tue battute e adoro la tua ironia e la tua immensa conoscenza e intelligenza. Certo hai anche tanti difetti, la tua ostinata precisione e sei un gran rosica... ma chi ti ama, ama anche il tuo essere così. Penso che qualcuno lassù ha voluto che noi due ci incontrassimo per tutto quello di brutto che avevo passato io a causa di esseri ignobili. Averti conosciuto è un privilegio e mi dispiace per chi non ha potuto. Lo sai, ti voglio bene e come dico sempre un bene che viene da dentro. Spero che la vita ti regali un po' di serenità e io farò di tutto per aiutarti. Sei un grande! anche se tu non fossi M.D. La tua Diletta".
Presunti fiancheggiatori in carcere
I coniugi sono indagati per concorso per favoreggiamento personale e procurata inosservanza di pena, reati aggravati per avere agevolato Cosa nostra. "Contrariamente a quanto dagli stessi dichiarato alla polizia giudiziaria nelle fasi precedenti, avevano stretto - scrive il gip - un intenso rapporto personale con Matteo Messina Denaro in epoche certamente risalenti a un periodo anteriore al gennaio 2017".
Di più: il padrino ha condotto una "normale esistenza senza neppure nascondersi troppo, ma anzi palesando a tutti il suo viso riconoscibile (per i tantissimi che lo avevano conosciuto personalmente), nonché, a tanti, persino la sua identità, addirittura affidando la tutela della sua latitanza al nucleo familiare dei Bonafede di Campobello di Mazara".
La coppia arrestata su richiesta della Dda palermitana sarebbe stata dunque molto legata al boss, tanto da accoglierlo nell'abitazione di Campobello di Mazara "in via continuativa e per numerosi giorni". Una frequentazione abituale di quella casa dove si recava a pranzo e a cena, assicurando a Messina Denaro, spiegano gli inquirenti, una "prolungata assistenza finalizzata al soddisfacimento delle sue esigenze personali e al mantenimento dello stato di latitanza", come sottolinea il gip nell'accogliere la richiesta della procura.
Le telecamere di sorveglianza dei negozi vicini all'immobile, avrebbero svelato come i due utilizzassero ogni accorgimento, con controlli all'esterno, per consentire al boss di Castelvetrano di entrare e uscire in tutta sicurezza dall'abitazione, assicurandosi che non ci fossero presenze indesiderate. Insomma, Emanuele Bonafede e la moglie Lorenza Lanceri - quest'ultima peraltro avrebbe fatto parte della rete di comunicazioni del boss - sono ritenuti uno degli snodi della complessa struttura di protezione del padrino.
Emanuele Bonafede, in particolare, è il fratello di Andrea Bonafede, considerato il 'postino delle ricette', colui che faceva la spola tra il boss e il medico Alfonso Tumbarello (che ha scritto un centinaio di tra ricette e richieste di esami consentendo al boss di essere sottoposto a cure oncologiche) ed è cugino di un altro Andrea Bonafede, 'il geometra', che avrebbe ceduto la propria identità a Messina Denaro, (e la propria carta di identità) permettendogli di essere curato e di essere invisibile.