AGI - La vendemmia è donna. Dal settore vitivinicolo, infatti, arriva un modello virtuoso di presenza femminile, sia per quantità che per qualità delle addette, spesso in ruoli dirigenziali. Secondo Coldiretti, le donne impiegate che lavorano nel comparto della produzione del vino sono 14mila. Il trenta per cento del totale. Spesso responsabili o titolari, in prima fila in aziende che esportano in tutto il mondo. Imprenditrici e manager affermate, come Chiara Soldati, Ceo dell’azienda piemontese La Scolca.
Nominata Cavaliere al lavoro proprio per l’impegno nel settore vitivinicolo, Soldati spiega all’AGI che “il merito non ha genere. Però le donne portano un valore aggiunto, dato da un coraggio ancestrale, da una capacità di mediazione importante e da una maggiore sensibilità verso le relazioni interpersonali unito a un approccio meno ‘muro contro muro’, che ha i suoi effetti positivi anche in fase di contrattazione”.
“Anche confrontandomi con altre imprenditrici diventate Cavaliere del lavoro come me, è emerso come il vino abbia sdoganato il ruolo delle donne dando una lezione agli altri comparti”. “Ho cominciato a lavorare trent'anni fa – ricorda ancora la manager -, nel frattempo sono stati fatti passi in avanti importanti. La presidente di Federvini è donna, Micaela Pallini, così come la presidente del Gruppo Vini Federvini, Albiera Antinori”. Una rappresentanza che riflette anche il mercato. “Abbiamo una realtà speculare anche nel consumo, dove aumenta la richiesta femminile e c’è consapevolezza di come le consumatrici abbiano cambiato il trend, favorendo anche produzioni vitivinicole che trent'anni fa erano meno diffuse perché era più frequentemente l'uomo a scegliere il vino. Oggi le donne scelgono e bevono ciò che vogliono”.
La perseveranza è la prima dote di chi desidera affermarsi a livello dirigenziale anche secondo Rossella Macchia, general manager di Poggio Le Volpi, oltre cento dipendenti tra Lazio e Puglia. “Sono fondamentali l’esperienza e la preparazione, ma anche prendersi lo spazio che si vuole senza aspettare che qualcuno te lo dia, occupare il proprio territorio e farsi la strada. Se puoi sognarlo puoi farlo” spiega all’AGI citando Walt Disney e parlando di un settore aperto a donne e giovani anche grazie a “un consumo più consapevole da parte del mercato”.
“Oggi le persone sono più predisposte ad acquistare qualità e ad affacciarsi su un mondo che rappresenti un’eccellenza. Ne deriva un’attenzione maggiore anche da parte delle donne, sia come acquirenti attente a prodotti di livello alto, sia come manager, in grado di intercettare un’attenzione maggiore verso le cose belle: l’estetica, le accortezze, le sfumature, l’attenzione al dettaglio, la scelta del vetro e l’etichetta. Quando si parla di vino si parla anche di presentazione dei prodotti, in questo la donna ha una sensibilità e un appeal diverso”. Sensibilità è di certo la qualità dimostrata anche da Antonella Di Tonno, titolare dell'azienda vinicola Talamonti in provincia di Pescara e responsabile Donne Coldiretti Abruzzo, che durante l’emergenza Coronavirus ha convertito una parte dell’azienda nella produzione di mascherine chirurgiche di tipo 2, realizzate con materiale totalmente made in Italy.
A 23 anni, Di Tonno ha rinunciato a una borsa di studio alla Normale di Pisa per tornare sulle colline pescaresi e riprendere in mano le redini dell’azienda di famiglia, che rischiava la chiusura. Unica donna di tutto il Cda e unica a pensare che si potesse ancora recuperare. La storia le ha dato ragione, oggi esporta il proprio vino in 50 paesi del mondo. E c’è anche chi gli stereotipi decide di infrangerli proprio tutti. E sceglie di passare da miss a signora del vino. È la storia di Elisa Dilavanzo. Titolare di una cantina sui Colli Euganei, con un passato da finalista a Miss Italia e a Miss Universo, è considerata l’ambasciatrice del Moscato Fior d’Arancio, un vitigno che decise di rilanciare oltre dieci anni fa nonostante il parere contrario di enologi ed esperti. Oggi dirige la cantina Maeli, nel Parco Regionale dei Colli Euganei in provincia di Padova, dove 10 ettari sono dedicati proprio alla produzione del Moscato Giallo Fior d’Arancio, vitigno autoctono aromatico. Un vero ‘vino da donna’, come si sarebbe detto una volta. Una vera donna del vino, come diremmo oggi.