Arrestata la sorella di Messina Denaro. Il Gip: "Lo ha assistito nella latitanza"
AGI - Arrestata dai carabinieri del Ros la sorella del capomafia Matteo Messina Denaro, Rosalia, che è accusata di associazione mafiosa. Avrebbe favorito, secondo la procura guidata da Maurizio De Lucia, la latitanza del fratello, la circolazione dei 'pizzini' e la gestione delle ampie risorse economiche.
Il provvedimento a carico della sorella del boss catturato il 16 gennaio scorso dopo 30 anni di latitanza a Palermo, è stato disposto dal gip Alfredo Montalto, che ha accolto la richiesta del procuratore De Lucia e dell'aggiunto Paolo Guido. In azione i Ros, i carabinieri del Comando provinciale di Trapani e dello squadrone eliportato dei Cacciatori di Sicilia.
Secondo i magistrati Rosalia avrebbe fornito aiuto per anni al fratello durante la sua latitanza, gestendo la "cassa"e il sistema di comunicazione (i cosiddetti "pizzini") che hanno permesso a Matteo Messina Denaro i contatti con il suo clan e di continuare i suoi ingenti affari anche durante la trentennale latitanza.
Rosalia Messina Denaro, 68 anni, è la sorella più grande di Matteo Messina Denaro (le altre sono Patrizia, che sta scontando una condanna per mafia, Giovanna e Bice) ed è sposata con Filippo Guttadauro, boss di Brancaccio (Palermo) che dopo avere scontato 14 anni di carcere per associazione mafiosa resta al 41 bis, per la sua pericolosità.
È stata arrestata a Castelvetrano, nella casa di famiglia. È la madre di Lorenza Guttadauro, avvocata e difensore scelto dallo zio Matteo Messina Denaro, sposata con Luca Bellomo, scarcerato pochi mesi fa.
Le parole del Gip
Queste le parole del Gip di Palermo, Alfredo Montalto: "Risulta inconfutabilmente accertato, innanzitutto, che Rosalia Messina Denaro ha costituito un importantissimo punto di snodo delle comunicazioni del fratello latitante, non soltanto con i membri della sua famiglia di origine, ma, soprattutto, ed è ciò che qui rileva, con un elevato numero di soggetti a vario titolo coinvolti nelle attivita' di interesse dell'associazione mafiosa Cosa nostra operante nel territorio di Castelvetrano e comuni limitrofi di cui il latitante medesimo costituiva - e ha continuato a costituire sino al suo arresto - il vertice incontestato e incontrastato".
Chi è Rosalia Messina Denaro
Primogenita di Francesco Messina Denaro, morto nel 1998 in latitanza, antico e autorevole capo della provincia mafiosa trapanese in strettissimi e paritari rapporti con Totò Riina, Rosalia Messina Denaro è descritta, da nelle informative, come donna di origini e tradizioni tutte ispirate da una "ortodossa e granitica cultura mafiosa", scrive il gip Alfredo Montanto, nell'ordinanza che ha disposto l'arresto della donna, a cominciare dal matrimonio con Filippo Guttadauro, a sua volta appartenente alla importante famiglia di Cosa nostra composta dagli altri uomini d'onore Giuseppe (potentissimo capo del mandamento di Brancaccio) e Carlo (componente di spicco della famiglia mafiosa di Bagheria).
Una quadro familiare che prova, per il giudice, la piena adesione della donna a Cosa nostra: per "Rosetta" (come per il marito, gli altri fratelli, cognati e nipoti tratti in arresto e condannati) i rapporti parentali e la partecipazione a Cosa nostra "talvolta si sovrappongono, altre si confondono, altre ancora, assai pericolosamente, si sommano".
Il boss era il primo a essere consapevole del rischio a cui si esponeva la donna proprio nel ricoprire i poliedrici ruoli di cassiera e collegamento tra l'ex latitante, la famiglia e sodali, a seconda dei contenuti delle informazioni da veicolare, era lo stesso fratello Matteo, il qual nella catena di distribuzione di alcuni "pizzini", "aveva ingegnosamente architettato l'uso di un nickname (a differenza del nome di battesimo usato allorquando il contenuto degli scritti era tipicamente familiare) ogni qualvolta doveva trasmettere veri e propri ordini mafiosi alla donna, di talche' impedire che, se rinvenuti, i pizzini svelassero il delicatissimo ruolo associativo svolto". Peraltro, storicamente il latitante per la corrispondenza con gli associati mafiosi ha sempre utilizzato nomi in codice non prontamente identificabili tanto dalle Forze dell'ordine quanto, talvolta, dagli stessi 'tramiti'