AGI - Non si sa ancora cosa sarà il metaverso. Ma, comunque lo si voglia chiamare – al singolare o al plurale – ci sono pochi dubbi sul fatto che le nostre interazioni future saranno sempre più virtuali o ibride. Ambiente fisico e digitale dialogheranno. Saremo corpo e avatar.
Non una digitalizzazione del mondo ma un mondo nuovo, con le proprie leggi. “È necessario che ci sia un diritto del metaverso”, spiega l'avvocato Salvatore Di Pardo. “Oggi ci limitiamo ad adattare le regole del vecchio mondo. Ma in futuro una parte importante della nostra vita sarà nel metaverso. È quindi importante porsi il problema di norme che non sono adattate ma che nascono per disciplinare il mondo virtuale”.
In un ambiente senza confini nazionali, cambia l'idea di giurisdizione. E, attraverso gli avatar, si modifica il perimetro di concetti giuridici fondamentali come quello di identità e di persona.
Molestie nel mondo cyber-fisico
Fino a ora, almeno a livello teorico, c'è stata una netta distinzione tra uno spazio analogico e uno virtuale. Questo confine sfuma. “Un ragazzo o una ragazza che vengono molestate o ingiuriate nel metaverso non sono fisicamente presenti. Ma subiscono comunque conseguenze negative”, afferma Di Pardo.
In che modo, si chiedono gli specialisti in sicurezza informatica di Trend Micro nel report "Metaverse or Metaworse?", questo nuovo spazio “cyber-fisico” influirà su violenza sessuale e bullismo? “L'aspetto fisico dell'aggressione sessuale, ad esempio, non è presente, ma le molestie nel mondo virtuale hanno già avuto luogo e si ripeteranno in futuro”, si legge nel rapporto. Con la possibilità di creare avatar scollegati dall'identità fisica, “diventeranno un problema pervasivo nel metaverso”, con “un impatto sulla salute emotiva e mentale della vittima”.
Lo sa bene anche Meta, che già da un anno ha introdotto nel proprio metaverso (Horizon Worlds) la possibilità di evitare “interazioni indesiderate”. Una protezione virtuale a metà strada tra il blocco di un profilo social e un'ordinanza restrittiva. Problema risolto? Niente affatto. Perché si può bloccare un avatar, ma non una persona fisica. E poi perché oggi il controllo è demandato alle singole piattaforme. Regole interne, non leggi. Comportamenti scorretti, non reati. Contratto tra utente e azienda, non norme.
“Ci sono due temi di fondi”, spiega Di Pardo. “Oltre a un intervento che sanzioni l'avatar, sono necessarie regole che consentano di intervenire – se possibile – sulla persona fisica. Per farlo, ciascun avatar deve essere ricondotto con certezza a un'entità fisica per ogni piattaforma”.
Il tema non riguarda solo le molestie ma una gamma di reati ben più ampia. L'avvocato fa l'esempio del Daspo, il divieto di accedere alle manifestazioni sportive. “Nel metaverso si vedranno partite di calcio, con accesso allo stadio virtuale. Il tifoso violento che compie atti sgraditi oggi ha il Daspo. Applicare la stessa regola all'avatar è inefficace, perché per accedere basterebbe cambiarlo”. La seconda questione riguarda l'applicabilità e la giurisdizione. “Il metaverso non è nazionale. Sarebbero necessari principi transnazionale, sul modello del diritto spaziale”.
Metaverso e privacy
Come spesso avviene quando si parla di diritto e di diritti, però, è necessario valutare pesi e contrappesi. “C'è un tema rilevante di privacy”, aggiunge Di Pardo. “Se abbiamo un avatar per ogni persona, le piattaforme sapranno tutto di noi”. Molto più di quello (tanto) che sanno oggi. Non solo i movimenti online, i nostri contatti e i nostri gusti, ma anche il nostro patrimonio digitale, le nostre espressioni e, di conseguenza, le nostre emozioni.
Tutto ciò che fa l'utente potrebbe essere “soggetto a illimitata sorveglianza”, conferma il report di Trend Micro. Senza leggi specifiche, “il tracciamento sarà ancora più estremo” e il metaverso potrebbe somigliare molto al “Far West”. Una conoscenza degli utenti così estrema potrebbe amplificare problemi già noti e crearne di nuovi.
La lista stilata da Trend Micro su un utilizzo fraudolento dei dati è lunghissima. I dispositivi per la realtà aumentata potrebbero consentire di rubare dati biometrici, come l'iride, e utilizzarli per accedere ai beni e ai servizi dell'utente.
Sapere tutto di noi vuol dire anche conoscere le nostre debolezze, sfruttandole per sofisticati attacchi di ingegneria sociale. Cioè tentativi di manipolazione, resi ancora più efficaci da tecnologie come i deepfake. Si aprono praterie per eventuali truffe, ma anche per campagne d'influenza basate sulla profonda conoscenza degli utenti. Un Cambridge Analytica all'ennesima potenza.
Beni virtuali, patrimonio reale
Un altro campo di applicazione di un diritto del metaverso riguarda la proprietà, sia per le imprese che per le persone. Già oggi è possibile comprare asset digitali, come token che danno diritto a oggetti fisici o beni esclusivamente virtuali: case, negozi, meta-terreni, ma anche scarpe e magliette per il proprio avatar. E qui si apre un altro, gigantesco tema, sia economica che giuridica.
Già diverse aziende, tra le quali Nike, si sono mosse per tutelare il proprio marchio dalla contraffazione nel metaverso. Ma la questione commerciale è molto più ampia. Ad esempio, se una società avesse sede solo nel metaverso, dove pagherebbe le tasse e a quali regole dovrebbe ubbidire? Torna, di nuovo, l'idea di un diritto specifico e transnazionale. Che, come sottolinea Di Pardo, non riguarderebbe solo le imprese ma anche i singoli utenti. “Un avatar avrà delle proprietà, dalle scarpe alle case virtuali. Avrà quindi un patrimonio, che dovrebbe essere tutelato come quello fisico, ad esempio nell'ipotesi di una successione, oppure espropriato”.
Nell'ombra del Darkverse
Nel metaverso si intrecciano nuovi e vecchi reati. Frodi, molestie, riciclaggio. Ma potrebbe configurarsi anche un Darkverse, cioè un ambiente non indicizzato che, se da una parte offrirebbe maggiore riservatezza, dall'altra ospita attività illegali, come compravendita di dati rubati e malware, spaccio di droghe, commercio di armi.
Non è solo un equivalente del dark web, spiegano i ricercatori di Trend Micro. Oltre a condurre attività illecite, il Darkverse permetterebbe di “pianificare e provare” azioni illegali prima di compierle nel mondo reale. Oppure di organizzare riunioni criminali “pseudo-fisiche”, più difficili da tracciare.
Non sappiamo cosa sarà il metaverso. Ma molte aziende stanno investendo per creare software e hardware dedicati. Ecco perché, spiegano i ricercatori, “questo è il momento” di badare alla sicurezza delle tecnologie e alle regole che governeranno il nuovo mondo.