AGI - Con quasi un incidente ogni due giorni in Italia l'invasione di animali selvatici come i cinghiali in città e campagne ha provocato più di 200 fra morti e feriti sulle strade in un anno, oltre a danni alle coltivazioni e rischi sanitari per gli allevamenti. È quanto emerge dall'elaborazione di Coldiretti su dati Asaps in occasione del vertice a Roma a Palazzo Rospigliosi tra il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, il ministro dell'Agricoltura e della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida, il presidente di Federparchi Giampiero Sammuri, il presidente di Fondazione Una Maurizio Zipponi, e il presidente dell'associazione Agrivenatoria Biodiversitalia Niccolò Sacchetti, per affrontare una delle peggiori minacce alla sicurezza delle famiglie, all'ecosistema, alla biodiversità e alla sovranità alimentare nazionale.
Una situazione peggiorata con la siccità che - spiega Coldiretti - fa seccare i raccolti e asciuga i torrenti spingendo i branchi sempre più verso i centri urbani e i litorali a caccia di cibo e di acqua. Peraltro i bassi livelli dei fiumi permettono agli animali di attraversarli con più facilità aumentandone le possibilità di spostarsi da un territorio all'altro, tanto che i cinghiali sono capaci di percorrere fino a 40 chilometri alla volta. I branchi si spingono sempre più vicini ad abitazioni e scuole, fino ai parchi, distruggono i raccolti, aggrediscono gli animali, assediano stalle, causano incidenti stradali con morti e feriti e razzolano tra i rifiuti con evidenti rischi per la salute.
Con la presenza di 2,3 milioni di cinghiali stimati dalla Coldiretti sull'intero territorio nazionale la situazione è ormai insostenibile in città e campagne con danni incalcolabili alle produzioni agricole ma anche all'equilibrio ambientale di vasti ecosistemi territoriali in aree di pregio naturalistico con la perdita di biodiversità sia animale che vegetale senza dimenticare i rischi per gli allevamenti e il Made in Italy a tavola con la diffusione della peste africana.
Quasi sette italiani su dieci (69%) – secondo l’indagine Coldiretti/Ixè - ritengono che i cinghiali siano troppo numerosi mentre c’è addirittura un 58% che li considera una vera e propria minaccia per la popolazione, oltre che un serio problema per le coltivazioni e per l’equilibrio ambientale come pensa il 75% degli intervistati. La grande maggioranza degli incidenti si verifica di giorno, nel 90% dei casi sulle strade statali, provinciali e comunali e 8 schianti su 10 vedono coinvolte delle auto. Ma il problema riguarda anche le vie cittadine con i cinghiali che si spingono dentro le aree urbane alla ricerca di cibo fra mamme con i passeggini, bambini che vanno a scuola o all’asilo e macchine di pendolari che vanno al lavoro come accade anche nella capitale d’Italia divenuta un po’ il simbolo di questa invasione.
“La maggioranza degli italiani considera l’eccessiva presenza degli animali selvatici una vera e propria emergenza nazionale che incide sulla sicurezza delle persone oltre che sull’economia e sul lavoro, specie nelle zone più svantaggiate” denuncia il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare l’esigenza “di interventi mirati e su larga scala per ridurre la minaccia dei cinghiali a livello nazionale”.
Gli abbattimenti dei cinghiali – spiega Coldiretti – si verificano per la quasi totalità (94%) in aree pubbliche e il resto in riserve di caccia private e per la maggior parte (60%) si tratta di animali di grossa taglia, secondo gli ultimi dati Ispra relativi al periodo 2015-2021. L’invasione di vie e piazze da parte dei selvatici viene vissuta dai cittadini come una vera e propria emergenza, tanto che oltre otto italiani su 10 (81%) pensano che vada affrontata con il ricorso agli abbattimenti, soprattutto incaricando personale specializzato per ridurne il numero anche perché un italiano adulto su quattro (26%) si è trovato faccia a faccia con questi animali.
Se nelle città molti abitanti sono costretti a vivere nella paura, nelle campagne la presenza dei cinghiali ha già causato l’abbandono di 800mila ettari di terreni fertili che oggi, oltre a non essere più produttivi, sono esposti all’erosione e al dissesto idrogeologico.