AGI - “Oggi riusciamo a guarire il cancro nell’80% dei bambini. Presto terapie CAR-T contro neuroblastoma”. Franco Locatelli presidente del Consiglio superiore di sanità e primario all’ospedale Bambino Gesù di Roma nella Giornata mondiale contro il cancro infantile
“L’oncologia pediatrica rappresenta uno dei modelli prototipali di maggior successo dell’oncologia medica. Questo perché oggi riusciamo a guarire definitivamente circa il 75-80 per cento dei bambini che si ammalano di un tumore in età pediatrica, con percentuali di guarigione per alcuni tumori che arrivano addirittura a oltre il 90 per cento. Questo si traduce nel fatto che oggi un 20enne su 800 è un soggetto guarito da una neoplasia sofferta in età pediatrica”. A parlare all'AGI è Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità e direttore del Dipartimento di Oncoematologia, Terapia Cellulare, Terapie Geniche e Trapianto Emopoietico all’ospedale Bambino Gesù di Roma, nonché scienziato di punta della Fondazione AIRC.
In occasione della Giornata mondiale contro il cancro infantile, Locatelli fa il punto sull’evoluzione della cura dei tumori pediatrici e sulle possibili innovazioni future.
Professore, qual è il segreto di così tanti progressi nella cura del cancro nei bambini?
"Questi risultati eccellenti sono stati ottenuti grazie da un lato a investimenti di ricerca e dall’altro attraverso le collaborazioni internazionali. E’ importante sottolineare nel giorno in cui si celebra la giornata mondiale contro i tumori infantili quanto sia importante e cruciale investire nella ricerca. E’ dunque fondamentale credere nella ricerca, supportarla e riconoscere il ruolo straordinario e insostituibile di AIRC nel sostenere e dare impeto a quella che è la ricerca accademica".
Quali sono nello specifico le innovazioni più importanti degli ultimi anni?
"Oggi la frontiera più estrema e più promettente nella cura dei tumori pediatrici è rappresentata da un lato dall’immunoterapia, cioè dagli approcci di cura attraverso l’impiego di anticorpi monoclonali o di cellule geneticamente modificate per essere reindirizzate direttamente sul bersaglio tumorale, e dall’altro attraverso l’uso di farmaci che vanno ad agire selettivamente rispetto a determinati bersagli molecolari".
Può fare un esempio concreto dell’impatto di queste nuove terapia?
"Quando ho iniziato a occuparmi di bambini affetti da tumore, la leucemia acuta promielocitica aveva delle percentuali di mortalità alte, correlate soprattutto a emorragie e trombosi che arrivavano anche al 30% di casi. Oggi senza neanche un milligrammo di chemioterapia si riesce a guarire praticamente nella totalità dei casi. Questo è un esempio di progresso ottenuto attraverso approcci molecolari mirati. Altrettanto può dirsi per l’immunoterapia".
Quanto è importante che le nuove cure siano anche meno impattanti sulla qualità della vita dei piccoli pazienti?
"Diciamo che così tanto rilevanti sono stati i progressi nell’ambito dell’oncologia pediatrica da far sì che oggi alcuni protocolli clinici, che hanno già migliorato le probabilità di cura di alcuni tumori, abbiamo come obiettivo quello di mantenere gli stessi risultati riducendo l’intensità dei trattamenti e in questo modo andando a ridurre sul lungo termine incidenza e severità degli effetti collaterali".
Possiamo aspettarci una nuova terapia in arrivo?
"La sfida estrema è quella di riprodurre l’efficacia delle cellule CAR-T, cioè dei linfociti geneticamente modificati per essere reinderizzati su bersagli tumorali, già dimostrata nei tumori ematologici, in particolare nelle leucemie linfoblastiche acute nel bambino, anche nei tumori solidi. Su questo ci sono risultati largamente promettenti che fanno pensare che questo potrà essere il prossimo traguardo raggiungibile. In questo modo avremo a disposizione un’arma in più per il trattamento di determinati tumori solidi che, ancora oggi, non hanno le migliori probabilità di cura. Penso ad esempio al neuroblastoma: presto pubblicheremo un lavoro molto promettente sull’impiego delle CAR-T contro questo tipo di tumore".