AGI - “Due scosse di terremoto fortissime, un inferno. Non avevo mai sentito niente di simile”. Aleppo, “nuovi capitoli di dolore e paura” nella vita di un popolo già stremato da più di dieci anni di guerra. Lo scrive, ai suoi fratelli in Italia, Fra Bahjat Elia Karakach, frate francescano di stanza in Siria, impegnato come parroco della comunità latina di Damasco e di Aleppo, e con la Custodia di Terra Santa, nella tutela delle popolazioni - non solo cristiane - presenti sul territorio in guerra.
“Alle 04:17 del 6 febbraio” scrive Bahjat ai suoi frati, e ad AGI “come sapete la nostra città è stata colpita da un fortissimo terremoto, che ha fatto precipitare le persone in strada sotto la pioggia, nel freddo e nel buio della notte, aggravato dalla mancanza della corrente elettrica. I genitori con i propri figli, usciti di casa e presi dal panico, non hanno fatto in tempo a prendere niente, neanche le scarpe”. Scalzi ma vivi: sono i fortunati, paradossalmente i pochi rispetto ai sedicimila e più morti, quelli che Bahjat, i suoi frati e i volontari, stanno assistendo dalle prime ore di lunedì 6 febbraio.
“Abbiamo subito annunciato - continua il religioso - che avremmo accolto le persone nella nostra chiesa e le avremmo riparate dal freddo e dalla pioggia, e così hanno fatto tutte le chiese. Mentre iniziavamo ad accogliere, sono arrivate le notizie peggiori: abbiamo iniziato a sentire di edifici residenziali che crollavano sulla testa degli abitanti”. Prima 50, poi di più, e i morti iniziavano a essere ritrovati a decine, a centinaia. A migliaia.
“Abbiamo perso uno dei nostri preti cattolici sotto le macerie - racconta ancora Fra Bahjat - e anche la nostra chiesa ha subito grandi danni: le macerie hanno riempito l strada, i campanili sono pericolanti. Affrontiamo il pericolo che gli edifici davanti alla chiesa continuino a cedere a causa delle crepe, e questo fa presagire altri grandi pericoli”.
Intanto, però, la vita. “Le sale parrocchiali sono piene di centinaia di persone. Abbiamo tre conventi nella città e tutti accolgono gli sfollati secondo le loro capacità. Distribuiamo di norma 1.200 pasti al giorno, naturalmente ora molti di più”.
I numeri: non sono altro che persone
“Nel nostro convento parrocchiale al centro della città, accogliamo circa 500 persone, e nel collegio di Terra Santa, che si trova in periferia circa 2000, avendo spazi all’aperto, mentre la chiesa succursale ospita una cinquantina di persone. Serviamo tre pasti al giorno. Nessuno vuole tornare a casa, perché hanno paura, o perché non ce l’hanno più. Mentre le temperature continuano a scendere anche sotto lo zero. Ci assicuriamo anche di mantenere il posto caldo per i bambini. Tutti i pasti che vengono serviti sono preparati dalla nostra mensa di beneficenza nel nostro progetto "Cinque pani e due pesci", e il problema più grande che dobbiamo affrontare è la difficoltà nell'ottenere forniture per preparare il cibo a causa delle sanzioni imposte alla Siria. Mentre vediamo il flusso di aiuti alla nostra afflitta vicina Turchia, vediamo che alla Siria è pressoché impedito ricevere sostegno o aiuto”.
Questo a causa delle politiche fin qui messe in atto nei confronti della Siria, contro le quali la Custodia di Terra Santa si è espressa con durezza per bocca di Fra Francesco Patton, Custode della Terra Santa: “Le sanzioni - ha dichiarato il religioso - sono disumane e immorali. Trovo scandaloso che in un momento del genere, così tragico, non si sia capaci di rimuovere o sospendere le sanzioni. In Siria la gente sta morendo. Gli aiuti che arrivano provengono dai paesi arabi come Egitto, Iran, Algeria. L’Occidente sta di nuovo perdendo il treno”.
Un tema politico, che si intreccia a quello umanitario, e non c’entra l’ottica religiosa. “D’altra parte - conclude Fra Bahjat - per far fronte alla crisi, il nunzio apostolico, Cardinal Mario Zenari, è venuto ad Aleppo e ha convocato una riunione di emergenza dei vescovi per trovare le modalità migliori per portare aiuto alla gente. Aleppo è una città gravemente colpita. Ma la quantità di amore e solidarietà che abbiamo ricevuto è stata sufficiente per aiutarci a superare alcune difficoltà e portare conforto ai cuori. È un segno dell'amore e della cura di Dio”. Che si manifesta per tramite di mani di uomini: chi tra le macerie scava, e chi da lontano aiuta come può partecipando alle raccolte fondi, come quella promossa da Pro Terra Sancta, proprio per l’opera di frati come Bahjat.