AGI - “Attenzione all’effetto boomerang. Portare il ricordo delle foibe a Sanremo è giusto se questo tema non scatena polemiche politiche. Ma il rischio è fomentare altre divisioni. Invece occorre rimanere nell’ambito della divulgazione storica. L’obiettivo finale credo che non debba essere quello di arrivare su un palco popolare ma occorre parlare di un pezzo della storia d’Italia senza sentirsi schierati a destra o a sinistra”: la scrittrice Gigliola Alvisi ha portato (per la prima volta) sui banchi di scuola la memoria degli italiani vittime delle foibe con il libro “La bambina con la valigia” (edito da Piemme) in cui Egea Haffner racconta la sua odissea.
Il padre scomparso, prelevato quando aveva tre anni e mezzo (nel maggio del 1945). E nessuna tomba per piangerlo. Una bimba con il ‘vestito buono’ indossato prima della partenza e la valigia con la scritta “esule giuliana” sopra al numero 30001. Questa foto (la copertina del libro) è diventata il simbolo delle tragedie di 250mila italiani costretti a lasciare le proprie case. E di migliaia di connazionali uccisi dentro alle foibe.
La scrittrice si trova in Veneto mentre parla con l’AGI tra una pausa delle ‘lezioni’ che ormai da mesi sta tenendo nelle scuole italiane. Non si dissocia completamente ma è prudente rispetto al coro di diversi politici del centrodestra che chiedono l’approdo sul palco dell’Ariston, stasera nella Giorno del Ricordo, di questo pezzo (poco conosciuto) della storia d’Italia.
“Temo - spiega - che il palco di Sanremo sia divisivo. Non si deve essere pro o contro la divulgazione di quanto è avvenuto. E’ un fatto storico che occorre conoscere, portarlo all’Ariston significa arrivare a tutti ma allo stesso tempo continuare a creare divisioni”.
Insomma, questo il ragionamento della scrittrice, la politica (destra e sinistra) e i riflettori del festival stiano attenti a non fagocitare un tema che deve rimanere sopra le parti, ovvero, argomento di studio.
Anche perché l’autrice de “La bambina con la valigia” ha toccato con mano quanto l’esodo giuliano-dalmata tra gli studenti medi e delle superiori “sia un argomento completamente sconosciuto. Il secondo Dopoguerra non è affrontato a scuola. Il mio è il primo libro per ragazzi che ne parla e molti docenti mi dicono: ‘erano anni che aspettavamo un testo del genere’. E’ un periodo che è stato poco studiato da tutti, adulti compresi. Ma per capire il presente bisogna conoscere il passato. Ad esempio, sapere che ci sono stati dei profughi italiani in Italia, ci permette di guardare con più empatia i profughi di oggi”.
Le impressioni degli alunni sono un prezioso termometro. “Quando leggono le pagine del libro - racconta Alvisi - reagiscono con grande stupore e simpatia per questa bambina, Egea, che sentono molto vicina. E forse stimolati da questa iniziativa anche i nonni dei ragazzi raccontano le loro storie. Alcuni per la prima volta rivelano ai nipoti di essere stati degli esuli vittime del regime di Tito”.
Non c’è più spazio nell’agenda della scrittrice fino alla prossima estate: sarà in viaggio da Gorizia a Palermo per raccontare la storia della bimba con la valigia. Una missione portata avanti anche dalla stessa Egea Haffner. Pagine scritte e testimonianze dirette per tenere viva la memoria.