AGI - Tra cocci di vasi rotti, foto strappate e polemiche politiche, il sipario di Sanremo si è alzato, durante la seconda serata, anche su un grosso scoglio di origine vulcanica a forma di mezza luna che galleggia nel mare di Pozzuoli. Sull’isolotto, collegato alla terra ferma da una sola stradina c’è il carcere per i minorenni di Nisida ‘salito’ sul palco dell’Ariston grazie al monologo della giornalista Francesca Fagnani.
A Sanremo per la prima volta è arrivata la voce di alcuni dei 50 detenuti nell’istituto. “Siamo contenti perché di carcere si parla sempre poco e male”, spiega all’AGI, Susanna Marietti, coordinatrice nazionale di Antigone, l’associazione che da anni si occupa di promuovere i diritti nel sistema penale.
“Siamo tutti chiamati a gettare lo sguardo dentro alle carceri e quando ce lo ricordano da un palco come quello del Festival è una cosa positiva. Il carcere è un pezzo della nostra società e deve rimanere trasparente oppure si corre il rischio che avvengano scandali come quello di Santa Maria Capua Vetere”, spiega Marietti.
Nisida non è nuova ai riflettori dello spettacolo. L'istituto minorile ha (liberamente) ispirato la fortunata serie tv “Mare Fuori” oltre al film “Scugnizzi” di Nanni Loy che parla di alcuni giovani del riformatorio impegnati a realizzare un musical teatrale.
L’isola un tempo di proprietà del duca di Amalfi ha mutato pelle nel corso degli anni: da lazzaretto a casa di rieducazione (negli anni Trenta) fino all’attuale funzione. Il carcere minorile ha diversi edifici a picco sul mare. Alcuni ospitano gli uffici della direzione, altri i reparti detentivi per ragazzi e ragazze.
Il carcere minorile di Nisida “è una sorta di prototipo in positivo perché non sono tutti così. Ad esempio - spiega la coordinatrice nazionale dell'associazione Antigone - è problematica la situazione dell’Ipm di Milano di cui abbiamo chiesto la chiusura perché l’edificio è un cantiere aperto da 16 anni. Per questo gli spazi sono limitati e manca un direttore dedicato da moltissimo tempo. Dopo le evasioni dello scorso dicembre ci sono state reazioni scomposte. Dobbiamo stare attenti a non cadere nella retorica che chiede lo stesso trattamento degli adulti rispetto ai minori. I ragazzi non vanno inchiodati giudicandoli solo per il reato commesso. Occorre un atteggiamento educativo e mai esclusivamente repressivo”.
In Italia, secondo quanto emerge dai dati del ministero della Giustizia aggiornati al 15 gennaio, sono 385 i minori detenuti nei 17 istituti sul territorio nazionale. Proprio Nisida conta il maggior numero di detenuti (50) seguita da Roma (43), Airola (35) e Torino (34).
“La situazione è complessa. Il carcere minorile - osserva Marietti - è solo un piccolo sottoinsieme della giustizia minorile. Oggi ci sono 14mila ragazzi che sono in carico ai servizi della giustizia minorile e di questi solamente 385 sono in carcere. Gli altri sono nelle tante comunità che ospitano i ragazzi in diversi regimi come i domiciliari o la messa alla prova ai servizi sociali. Il carcere è solo il tratto più ‘doloroso’. Spesso i minori vanno in carcere non perché il reato è particolarmente grave ma perché il sistema ha fatto più fatica a trovare una collocazione alternativa. Ad esempio chi ha meno relazioni sociali esterne per esempio gli stranieri ha più difficoltà”.