AGI - Parte il restauro dei magnifici mosaici duecenteschi policromi su fondo oro che rivestono la cupola del Battistero di San Giovanni a Firenze e che furono fonte d'ispirazione per la Divina Commedia di Dante. Terminata la costruzione dell'imponente cantiere, prenderanno avvio le prime fasi dell'intervento che durerà in tutto 6 anni, con la conclusione prevista nel 2028.
Dopo oltre 100 anni dall'ultimo restauro del 1898-1907, gli oltre 1.000 metri quadrati di mosaici, realizzati con 10 milioni di tessere policrome della grandezza che varia da 5 a 20 millimetri per lato, saranno oggetto di un intervento che intende recuperare la stabilità strutturale e la loro adesione alla volta, arrestare i fenomeni di degrado e riportare alla luce lo splendore del fondo oro e i vividi colori delle tessere vitree.
Per la prima volta sarà possibile per il pubblico vedere da vicino i mosaici della cupola, realizzati su disegni preparatori di artisti quali Cimabue e Coppo di Marcovaldo, che ai lati della grandiosa scena del Giudizio finale narrano su quattro registri le Storie della Genesi, di Giuseppe ebreo, di Cristo e del Battista. Un'esperienza unica e irripetibile, che sarà possibile vivere solo durante gli anni del restauro.
Il cantiere e l'intervento di restauro sono commissionati e finanziati dall'Opera di Santa Maria del Fiore in accordo con l'Arcidiocesi di Firenze, sotto l'alta sorveglianza della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e paesaggio per la Città metropolitana di Firenze e le province di Prato e Pistoia. Il cantiere è un progetto dell'Opera di Santa Maria del Fiore con Tecno System Appalti e Layher mentre l'intervento è stato affidato al Centro di Conservazione Archeologica che tra i tanti capolavori a mosaico restaurati, vanta quelli celeberrimi del Monastero di Santa Caterina sul monte Sinai.
L'Opera a partire dal 2014 ha restaurato prima l'esterno del monumento e poi le parti interne con mosaici, finanziando i lavori con 4 milioni e 600 mila. Altrettanti li investirà per il restauro dei mosaici della cupola, per un totale di 10 milioni di euro.
Per poter restaurare la volta musiva del Battistero di Firenze, è stato necessario progettare e realizzare un cantiere tecnologicamente innovativo in grado di rendere accessibile l'intera superficie musiva della volta (oltre 1.000 mq) e allo stesso tempo che avesse il minimo impatto visivo a terra, lasciando così visibili ai visitatori (1 milione e 215 mila solo nel 2022) le pareti e la scarsella magnificamente decorate con marmi e mosaici, il cui restauro è terminato a luglio dell'anno scorso.
Dopo un lungo periodo di gestazione, la soluzione individuata è stata quella di realizzare un ponteggio a forma di fungo (altezza 31,50 m e diametro 25,50) che si sviluppa su una superficie di 618 mq calpestabili nella parte alta, a fronte di una superficie occupata a terra di soli 63 mq. Il ponteggio, costruito con 8.150 elementi, utilizza delle travi in alluminio di ultima generazione (Layher Flex), che passando attraverso le aperture quadrangolari che si affacciano sul piano attico del Battistero, permettono di distribuire uniformemente i carichi sulla struttura portante del monumento.
Il restauro della cupola mosaicata del Battistero di Firenze, che da oltre un secolo nessuno ha potuto esaminare e studiare da vicino, potrà avvalersi dell'esperienza maturata nel precedente restauro delle pareti interne del Battistero e delle informazioni acquisite sui passati restauri e in particolare quello del 1898 - 1907 eseguito dall'Opificio delle Pietre Dure.
Si ipotizza, sulla base della relazione finale di quest'ultimo, che l'intervento dovrà affrontare una situazione che presenta: una superficie di 344 mq di mosaico antico, allettato su malta originale, probabilmente in fase di distacco; 567 mq di superfici di mosaico staccate e riallettate su malta cementizia dall'Opificio; 128 mq di superfici cadute e trattate a intonaco decorato nell'intervento del 1820 - 1823 e poi rifatte a mosaico nell'ultimo restauro.
In questi giorni prenderanno avvio le indagini diagnostiche necessarie non solo per verificare i distacchi o le decoesioni ma anche per definire il degrado delle tessere, la composizione e lo stato di "salute" dei diversi materiali che costituiscono l'opera. Sulla base di tutte le informazioni grafiche, fotografiche e diagnostiche acquisite sarà poi possibile delineare nel dettaglio le metodologie d'intervento specifiche per ogni problematica, individuare i materiali più opportuni e innovativi per poi procedere al restauro vero e proprio.
Dominati dalla figura del Cristo giudice, i mosaici della cupola del Battistero furono fonte d'ispirazione per la rappresentazione dell'Inferno nella Divina Commedia di Dante. Verso il 1225, secondo la data iscritta nella scarsella del Battistero, i lavori presero avvio, probabilmente ricorrendo a mosaicisti venuti da fuori e a fornaci già attive altrove. Ma ben presto gli artisti fiorentini seppero conquistare piena autonomia, e a fine secolo gli oltre mille metri quadrati della cupola si erano ammantati della scintillante veste musiva.
Più generazioni di artisti si succedettero sui ponteggi per creare una spettacolare antologia dell'arte, pittorica e musiva insieme, della quale fa parte anche la volta della scarsella, i cui mosaici furono realizzati mentre ancora si lavorava a quelli della cupola. Una volta ultimata questa colossale impresa, si volle estenderli anche alle zone parietali, dove in origine non erano previsti.
Dalle ricerche di archivio, che hanno proceduto il progetto di restauro, sono emerse notizie che documentano interventi di manutenzione a partire fin dal 1300, resi necessari a causa d'infiltrazioni d'acqua provenienti dalla copertura che avevano danneggiato i mosaici. Sappiamo che per il primo intervento fu incaricato l'artista Agnolo Gaddi e successivamente, a partire dal 1483, l'Opera assegna una rendita annuale di trenta fiorini al pittore Alessio Baldovinetti per verificare la stabilita' dei mosaici ed intervenire puntualmente dove necessario.
Nel corso dei successivi secoli saranno eseguiti ulteriori interventi di manutenzione, tra i quali, il più importante sarà quello del 1781 - 1782 a opera del pittore fiorentino Giovanni Orlandini e di Giuseppe Sorbolini che però non risultò utile perché nel già giugno del 1819 si era staccata una vasta sezione di mosaici e intonaco dipinto. Fu deciso così di intervenire di nuovo, dipingendo le zone dove i mosaici erano caduti, invece di rifarle a mosaico, e per questo fu incaricato il pittore Luigi Ademollo, che vi lavoro' dal 1820 al 1823.
L'Ademollo utilizzò anche delle larghe piastre di ferro per fissare i mosaici, soluzione che risultò del tutto inefficace tanto che a fine Ottocento quando l'Opera incarica l'Opificio delle Pietre Dure, allora diretto dal soprintendente Edoardo Marchionni, era imminente la caduta di larghe zone di mosaico. Grazie alla relazione finale dell'Opificio sappiamo che fu restaurata la volta musiva per 1032 mq.
Di questi, i 128 mq caduti e dipinti a intonaco da Luigi Ademollo furono rifatti a mosaico grazie ai cartoni del pittore Arturo Viligiardi, utilizzando le antiche tessere cadute e delle nuove ordinate a Murano. Pochi degli altri 911 mq erano aderenti alla volta e l'Opificio decise di distaccare 567 mq e riallettarli con una malta contenente una porzione di cemento a presa lenta.