AGI - Più del 70% dei 12-18enni teme che i dati da loro stessi condivisi quotidianamente online, come aggiornamenti sui canali social, ricerche e navigazione nel Web, tracce di dati del proprio utilizzo di Internet e degli smartphone, vengano utilizzati senza il loro consenso. Emerge dal report "Tra realtà e Metaverso. Adolescenti e genitori nel mondo digitale", elaborato da Telefono Azzurro in collaborazione con Doxa kids e presentato questa mattina, nell'Aula magna dell'Università Cattolica di Milano.
La ricerca, condotta su un campione di 804 genitori e 815 giovani tra i 12 e i 18 anni tra il 7 e l'11 novembre, offre uno spaccato delle percezioni dei giovani tra i 12 e i 18 anni e dei loro genitori, sul rapporto con il mondo digitale, con focus su problematiche quali gaming, salute mentale, condivisione dei dati e privacy. In generale il report registra un aumento delle preoccupazioni, condivise da genitori e adolescenti, circa gli effetti negativi che possono scaturire da un'esposizione eccessiva agli schermi digitali dei giovanissimi.
Cosa dicono i dati
Nonostante l'utilizzo quotidiano dei devices, non sempre i giovani utenti sono totalmente consapevoli di come evitare i pericoli, controllarli o segnalarli. Il 65% dei ragazzi intervistati teme di essere contattato da estranei adulti (percentuale che si innalza al 70% se si prendono in esame solamente le ragazze e i più piccoli, dai 12 ai 14 anni). Seguono il bullismo (57%), oversharing di dati personali (54%), la visione di contenuti violenti (53%) o sessualmente espliciti (45%), l'invio di contenuti di cui ci si potrebbe pentire (36%), le spese eccessive (19%), il gioco d'azzardo (14%).
A quasi 1 ragazzo su 2 (48%, 53% nel caso di ragazzi 15-18 anni) è capitato di incappare in contenuti poco appropriati e nel 25% i contenuti apparsi li hanno turbati e impressionati. Nel 68% dei casi i contenuti più diffusi sono quelli violenti, seguiti immediatamente da quelli pornografici (59%) e sessualmente espliciti (59%), dai contenuti discriminatori e razzisti (48%), da quelli riguardanti il suicidio e l'autolesionismo (40%) o inneggianti l'anoressia e la bulimia (30%), ma anche il gioco d'azzardo (27%). I genitori risultano essere un punto di riferimento per i figli, nel caso di eventi spiacevoli accaduti online.
Il 19% riporta di aver accolto le confidenze dei propri figli in passato, mentre il 49% ritiene che i propri figli ne parlerebbero in famiglia, anche se per il momento non sono ancora avvenuti episodi di questo tipo. Un dato interessante emerge sul punto relativo all'age verification da parte di social network, app e altri siti Internet: per gli adolescenti è di media 15 anni, per i genitori un anno in più, 16. In entrambi i casi si tratta di un discrimine superiore rispetto a quello individuato dall'Italia (14 anni) in seguito alla normativa europea per il consenso al trattamento dei dati.
La verifica dell'età
Il risultato del report dimostra l'importanza da parte dei giovani utenti e dei loro genitori dei sistemi di age verification e quindi della necessità di un loro utilizzo per un periodo più lungo. Per il 70% degli adolescenti intervistati sono molto utili per non trovarsi in situazioni rischiose, per il 65% per fare in modo che non compiano azioni senza pensare alle possibili conseguenze e per il 61% per evitare che vedano contenuti inappropriati.
L'utilizzo sempre più pervasivo delle tecnologie digitali non ha comportato solo una trasformazione nel modo di comunicare, ma ha anche un impatto sulla salute mentale di tutti, compresi i giovanissimi. Il 27% dei giovani intervistati dichiara di sentirsi ansioso o agitato senza l'utilizzo dei social (29% in un range di età dai 15-18 anni e 26% dai 12-14) mentre il 22% si sentirebbe perso. Rispetto al 2018 si registra un +10%. Inoltre rispetto a quattro anni fa si dimezza la percentuale di ragazzi che sostengono che una lontananza dai social "non farebbe alcun effetto".
I contenuti fruiti sui social potrebbero suscitare sentimenti negativi. Più di un ragazzo su 2 (53%) riferisce di aver provato sentimenti spiacevoli, come l'invidia per la vita degli altri (24%, soprattutto i 15- 18enni). Il 21% afferma che è capitato di sentirsi inadeguato, il 18% diverso, il 10% omologato. La restante parte prova solitudine (12%) o rabbia per le vite degli altri (9%)
Il mondo del gaming
Il 35% degli intervistati, soprattutto maschi, ritiene che il gaming possa essere utile nel creare un clima positivo di classe tra i compagni; il 27% lo considera un possibile strumento utile per l'insegnamento delle materie scolastiche e la stessa percentuale lo considera applicabile nella pratica sportiva.
Un ragazzo su 4 suggerisce come il gaming possa essere utile nell'aiutare ad affrontare le difficoltà psicologiche e il 15% lo considera potenzialmente importante nell'ambito della salute mentale. Inoltre, il gaming ha una matrice relazionale: il 36% (45% nel caso dei maschi) dichiara di aver conosciuto persone nuove mentre giocava.
Nel mondo del gaming risultano abbastanza frequenti gli episodi riconducibili alla discriminazione e all'esclusione: l'11% dei giovani intervistati dice di aver preso le difese di qualcuno, l'11% ammette di aver preso in giro qualcuno, un adolescente su 10 riferisce di essere stato preso in giro, l'8% di essere stato escluso e il 6% di aver assistito a qualcosa che l'ha fatto sentire a disagio.
La sensazione più ricorrente in chi gioca è quella di sentirsi capace (32%), mentre il 14% si sente capito dagli altri giocatori. Il gioco funge a volte da schermo protettivo nei confronti del mondo, finendo per isolare l'adolescente: il 32% ammette di perdere la cognizione del tempo, il 13% teme di esserne dipendente, l'11% ha l'impressione di essere protetto dal mondo esterno e l'8% si sente isolato.