AGI - Sporcarsi le mani per aiutare il popolo che soffre. È il forte appello rivolto da papa Francesco ai vescovi e ai sacerdoti riuniti nella cattedrale di Santa Teresa di Giuba, capitale della repubblica del Sud Sudan, sconvolta da una guerra civile che in un decennio ha fatto 400mila morti. Intercedere per il popolo, ha detto il Pontefice, "non vuol dire semplicemente 'pregare per qualcuno, come spesso pensiamo. Etimologicamente significa 'fare un passo in mezzo, scendere per mettersi in mezzo al popolo, 'farsi ponti' che lo collegano a Dio". Ecco che ai Pastori, "è richiesto di sviluppare proprio quest'arte di 'camminare in mezzo: in mezzo alle sofferenze e alle lacrime, in mezzo alla fame di Dio e alla sete di amore dei fratelli e delle sorelle".
"Il nostro primo dovere - ha sottolineato Francesco - non è quello di essere una Chiesa perfettamente organizzata, ma una Chiesa che, in nome di Cristo, sta in mezzo alla vita sofferta del popolo e si sporca le mani per la gente. Mai dobbiamo esercitare il ministero inseguendo il prestigio religioso e sociale, ma camminando in mezzo e insieme, imparando ad ascoltare e a dialogare, collaborando tra noi ministri e con i laici".
Il Papa ha rimarcato la parola "insieme" esortando a vincere "la tentazione dell'individualismo, degli interessi di parte. È molto triste quando i Pastori non sono capaci di comunione, non riescono a collaborare, addirittura si ignorano tra loro. Coltiviamo il rispetto reciproco, la vicinanza, la collaborazione concreta. Se ciò non accade tra di noi, come possiamo predicarlo agli altri?".
Dobbiamo alzare la voce contro l'ingiustizia
E ancora: "Per intercedere a favore del nostro popolo siamo chiamati anche noi ad alzare la voce contro l'ingiustizia e la prevaricazione, che schiacciano la gente e si servono della violenza per gestire gli affari all'ombra dei conflitti. Se vogliamo essere Pastori che intercedono non possiamo restare neutrali dinanzi al dolore provocato dalle ingiustizie e dalle violenze perchè, là dove una donna o un uomo vengono feriti nei loro diritti fondamentali, Cristo è offeso".
"Non siamo capi tribù - ha concluso il Pontefice - ma Pastori compassionevoli e misericordiosi; non padroni del popolo, ma servi che si chinano a lavare i piedi dei fratelli e delle sorelle; non un'organizzazione mondana che amministra beni terreni, ma la comunità dei figli di Dio".
Dopo l'incontro nella cattedrale è previsto il rientro in Nunziatura dove si svolgerà l'incontro, in forma privata, con i membri della Compagnia di Gesù presenti nel Paese. Nel pomeriggio Papa Francesco incontrerà gli sfollati interni dell'IDP Camp (Internally Displaced Persons Camp).
E al Mausoleo "John Garang" si svolgerà la preghiera ecumenica insieme all'arcivescovo di Canterbury Justin Welby e al Moderatore dell'Assemblea Generale della Chiesa di Scozia Ian Greenshields.