AGI - “Ho gestito la sicurezza negli anni precedenti il 2000, anni in cui Franco Carraro, allora presidente della Federcalcio, andava dal presidente del Consiglio dicendo che avrebbe sospeso il campionato in assenza di strumenti giuridici idonei a combattere la violenza. Siamo partiti da lì. Ho visto di tutto e di più”.
Il prefetto Francesco Tagliente commenta con l’AGI gli incidenti avvenuti domenica scorsa nell’area di servizio Badia al Pino sull’autostrada A1 tra ultrà romanisti e napoletani. Ex Questore di Firenze e Roma ed ex prefetto di Pisa, Tagliente è stato uno dei fondatori dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive del Viminale e promotore delle norme contro le violenze negli stadi, come l’arresto in flagranza differita e la carta del tifoso. Nel 2006 a Berlino, come responsabile della sicurezza della Nazionale di calcio, ha fatto da 'tutela' agli azzurri Campioni del Mondo.
“Quel fotogramma sull’autostrada l’ho visto già nel 2008 - confessa Tagliente -. Lo ricordo come ieri. La frangia napoletana attaccò un pullman di supporter romanisti nell’area di servizio di Montepulciano. I giallorossi salivano a Genova per la partita contro la Sampdoria, gli azzurri erano impegnati a Torino contro i granata".
"Gli agenti della Polizia Stradale e della Questura di Firenze - rievoca Tagliente - riuscirono ad intercettare i napoletani, bloccarli e ad accompagnarli in Questura. Gli ultrà provenivano dai Quartieri Spagnoli e tra loro c'era anche Gennaro De Tommaso il capo della curva noto come “Genny 'a carogna”. In 17 furono arrestati con accuse pesanti: porto di strumenti atti a offendere, lancio di oggetti, danneggiamento, violenza privata ai danni dei romanisti. All'istante fu loro notificato un Daspo di 5 anni. Tutti gli altri furono denunciati in stato di libertà. Dei 17 arrestati ben 14 avevano precedenti penali specifici: aggressioni in occasioni sportive, partite di calcio, che si erano concluse con arresti e con altri Daspo. Eppure loro stavano andando tranquillamente alla partita. In quella circostanza dissi da Questore di Firenze che queste persone non avevano niente a che vedere con il calcio e lo sport, erano solo delinquenti. Quindi gli scontri di domenica 8 gennaio sono solo un fotogramma già visto e gestito”.
Il fenomeno della violenza dei tifosi non sembra essersi bloccato quindi. Che cosa è successo?
È chiaro che quanto accaduto è un fatto di una gravità estrema quando da tempo queste misure stringenti avevano portato serenità all'interno degli impianti. Voglio ricordare che a Roma, quando ero Questore, nel biennio 2010-2012, abbiamo consentito a cinquemila bambini di assistere dagli spalti a un derby disputato di sera. Ricordo che abbiamo fatto giocare due derby con i reparti anti-sommossa lontani dallo stadio. Sono state smantellate le barriere dei settori ospiti. A Firenze ed Empoli per un anno intero si sono disputate gare a rischio senza la presenza dei reparti anti-sommossa, che erano lontani dallo stadio ma comunque pronti ad intervenire. Quindi perché ci allarmiamo adesso? Perché la situazione si era normalizzata.
È ancora utile l’arresto differito dei tifosi?
Per fortuna il sistema di sicurezza è stato tenuto in piedi - spiega Tagliente -. Tant’è che in vista di quell'incrocio di gare tra Roma e Napoli l’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive ha valutata un rischio e ha fatto il suo dovere. I Questori hanno predisposto i servizi dove era necessario metterli. Quella previsione poi si è avverata, tanto è vero che gli agenti, con la loro presenza, hanno limitato la libertà di azione degli ultrà, hanno ridotto il danno e, grazie all’istituto dell’arresto in flagranza differita, hanno potuto liberare subito l’autostrada. Se avessero dovuto dedicarsi all'identificazione di tutti gli ultrà e agli arresti da eseguire in flagranza di reato, l’A1 sarebbe rimasta bloccata per tutto il giorno. Grazie a quel prezioso strumento giuridico è stato possibile documentare i fatti ripristinando subito la circolazione che stava spaccando il due il Paese. Poi 180 sono stati identificati tra Milano e Genova.
Quale sarebbe, quindi, l’anello debole della gestione della sicurezza?
Per quanto concerne l’anello debole - chiarisce l'ex Questore - è bene ribadire che da soli non si va da nessuna parte. È mancata la convalida degli arresti in flagranza differita. Gli arresti non sono stati convalidati per l'insussistenza del presupposto dell’urgenza e della necessità in fase di arresto. Il giudice non ha convalidato gli arresti perchè ha ritenuto che anche in occasione di un arresto in differita debbano esserci gli elementi di necessità ed urgenza, a suo dire non ravvisati. Non ha ritenuto rilevante per la convalida dell’arresto il pericolo di reiterazione dei reati che era stato formulato nella informativa. Quindi non ha messo in discussione l’identità e il riconoscimento dei due arrestati né l’impossibilità di procedere con l’arresto in flagranza alla luce del contesto in cui soono avvenuti gli scontri con il blocco della circolazione autostradale. Qui, a mio avviso, è la falla: è venuto meno, è saltato l’effetto deterrente della norma.
Quando parliamo di sicurezza - ammette Tagliente - dobbiamo tenere presente che non sono sufficienti il tradizionale pattugliamento e l’utilizzo delle intelligenze artificiali per il controllo elettronico del territorio, non bastano l’impegno e la determinazione delle diverse Forze e Corpi di Polizia. Questi rappresentano solo uno degli anelli della catena. Per assicurare la sicurezza – lo vado ripetendo da qualche decennio - tutti gli anelli della catena (parlamento, magistratura, istituzioni penitenziarie, forze di polizia, stampa, cittadini, agenzie di controllo sociale) devono essere legati gli uni agli altri perché la rottura o il semplice indebolimento di uno solo di essi potrebbe vanificare l’impegno altrui alimentando anche la rassegnazione del primo anello, che è quello degli operatori di polizia.
Quali erano gli obiettivi della norma sull’arresto differito?
Quell’istituto dell’arresto in flagranza differito è frutto del lavoro dell’Osservatorio dell’epoca, condotto da un gruppo di eccellenti funzionari di polizia, e di esponenti del mondo del calcio. Ci siamo battuti per ottenere quello strumento giuridico perché ritenevamo necessario che fosse più forte l’inchiostro del manganello. Per evitare cariche con lacrimogeni e manganelli, ben consapevoli che rappresentano l’estremo rimedio perché suscettibili di alimentare le tensioni sociali. Volevamo attuare il metodo del bastone e della carota. Usare il metodo dell’estremo rigore giuridico selettivo e mirato nei confronti dei soli responsabili degli incidenti per permettere al resto della tifoseria di godere dello spettacolo calcistico in serenità.
Come giudica il lavoro dell’Osservatorio del Viminale sulle manifestazioni sportive?
Io sono tra i fondatori dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive, che è stato istituito perché c’era e c’è la convinzione che nessuno possa ritenersi detentore del monopolio della sicurezza, e che siamo fortemente condizionati dal modo in cui interagiscono gli altri. Quindi abbiamo preso i vari anelli della catena del mondo istituzionale e del mondo del calcio, li abbiamo messi insieme e abbiamo formato l’Osservatorio per prendere decisioni condivise. È stato un momento bello e forte che ha inciso in maniera determinante per restituire lo stadio alle famiglie.
Serve ancora il dialogo con in mondo del tifo?
Ho aperto al dialogo ed io sono stato rispettato come istituzione dal mondo del tifo. Vogliamo ancora definire tifoso chi commette atti di violenza come quelli che abbiamo visto l'altro giorno? Andiamo a distruggere un patrimonio preziosissimo non solo per le società e per il calcio, ma proprio per il sociale. Voglio evitare che qualcuno possa generalizzare e voglia criminalizzare il mondo del tifo. Il mondo del tifo, quello sano, quello vero, deve essere salvaguardato. Bisogna tenere distinti i banditi dai tifosi.
Quali sono i possibili scenari?
Non voglio sovrappormi a quanto si sta facendo sul piano istituzionale. Chi lavora al tema sta facendo molto, ma molto bene. Mi è piaciuto il ministro Piantedosi come si è mosso, mi è piaciuto l’Osservatorio così come anche le Questure. Mi auguro che siano disposti interventi mirati e severissimi, ma non generalizzati. Purtroppo in un certo qual modo le società e le tifoserie nel breve periodo ne risentiranno, devono capirlo: è inevitabile. L’intenzione, penso e spero, è quella di non penalizzare soggetti che non hanno niente a che vedere con quanto successo.