AGI - Tra il 2015 e il 2021 l'abbattimento di cinghiali è cresciuto del 45% per una media annua di circa 300 mila esemplari uccisi (di cui 257.000 in caccia ordinaria e 42.000 nel corso di interventi di controllo faunistico). Nello stesso periodo, gli importi annuali dei danni che ha subito l'agricoltura sono oscillati tra i 14,6 e i 18,7 milioni di euro. Sono questi alcuni dei risultati della prima indagine di dettaglio a scala nazionale (che fotografa in modo realistico l'andamento della gestione del cinghiale negli ultimi sette anni in Italia) realizzata da Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) grazie alle informazioni fornite dalle Regioni e dalle Aree protette.
In Toscana quasi un terzo degli abbattimenti
Entrando più nel dettaglio, secondo Ispra, nei sette anni dello studio l'86% degli abbattimenti di cinghiale (circa 1,8 milioni di animali) è avvenuto in attività di caccia ordinaria e il restante 14% (circa 295.000 animali) in attività di controllo faunistico. Il 30% degli abbattimenti totali è stato realizzato in Toscana, il resto è suddiviso tra sette regioni (Toscana, Emilia-Romagna, Piemonte, Lazio, Umbria, Liguria e Marche).
L'abbattimento in caccia è stato realizzato per il 94% in territorio pubblico e solo il 6% in riserve di caccia private. La tecnica di caccia più utilizzata in Italia rimane la braccata con cani da seguita (88% degli animali prelevati), seguono il tiro selettivo da appostamento (9%), il metodo della girata, tecnica condotta con l'uso di un unico cane che segnala la traccia dei cinghiali, (2%) e la caccia vagante (1%).
Il 38% dell'attività di controllo faunistico è stato realizzata all'interno delle aree protette nazionali e regionali, la restante parte (circa 184.000 animali) in territorio non protetto. La tecnica più utilizzata per il controllo è stata il tiro selettivo (52%), seguita da cattura (31%), braccata (11%) e girata (6%).
I danni all'agricoltura
Nel periodo 2015-2021 la stima complessiva dei danni all'agricoltura è risultata di poco inferiore a 120 milioni di euro di danni per un totale di oltre 105.000 eventi di danno. Complessivamente il 36% degli importi (circa 30 milioni di euro) per danni da cinghiale è riferito alle aree protette nazionali e regionali, la restante parte (circa 89 milioni) ad aree non protette. Le regioni più colpite dai danni da cinghiale sono risultate Abruzzo e Piemonte con, rispettivamente, circa 18 e 17 milioni di euro nel periodo preso in considerazione. Altre tre regioni hanno fatto registrare oltre 10 milioni di euro di danni: Toscana, Campania e Lazio. Solo nella Provincia Autonoma di Bolzano non si rilevano danni all'agricoltura, in relazione alla distribuzione ancora molto limitata del cinghiale in questo contesto.
Dall'indagine di Ispra emerge, dunque, un generalizzato aumento degli indicatori (abbattimenti in caccia e in controllo danni) attualmente disponibili per monitorare l'andamento della gestione della specie. Questo costante aumento del fenomeno su scala nazionale richiede l'adozione urgente di una strategia di intervento nazionale disegnata sulla base delle più aggiornate conoscenze scientifiche, che integri interventi di prevenzione dei danni e di contenimento delle popolazioni, e che assicuri prelievi selettivi e pianificati coerentemente con l'obiettivo prioritario di riduzione dei danni.
Per Ispra "elemento chiave di una strategia di gestione del cinghiale è la creazione di un sistema omogeneo di raccolta dei dati a scala nazionale, che integri anche le informazioni relative agli interventi di prevenzione e agli incidenti stradali, e renda possibile monitorare l'andamento della gestione in tempo reale".