AGI - "La Missione nasce dall'esperienza profonda di chi ha incominciato a cercare la verità, la vera libertà e la vera pace, distaccandosi dal mondo materialistico e consumistico. Stanco e dalla vita mondana che conducevo, ho sentito nel cuore di lasciare tutto e tutti; me ne andai via dalla casa paterna il 5 maggio 1990, a 26 anni, con l'intenzione di non tornare più nella città di Palermo, perché questa città e società mi avevano tanto ferito e deluso". Così si è raccontato il missionario laico di Palermo, Biagio Conte, morto oggi a 59 anni dopo una grave malattia. Aveva lasciato gli agi della sua condizione, la famiglia e l'impresa edile del padre. Una scelta che lo accosta al Poverello d'Assisi che lo ispirò. Circa trenta anni fa ha fondato la cittadella dei poveri, la Missione di speranza e carità.
+++ Addio a Fratel Biagio Conte
— Tv2000.it (@TV2000it) January 12, 2023
Il missionario laico che ha speso la vita per gli ultimi e per il Vangelo è morto a Palermo a 59 anni
A 26 anni la scelta francescana e lo straordinario impegno della Missione Speranza e Carità, con le sue 10 sedi in Sicilia#12gennaio pic.twitter.com/B03Z40fWyh
"Mi addentrai tra la natura e le montagne all'interno della Sicilia - aggiunse una volta - iniziando un'esperienza di eremitaggio tra montagne, laghi, fiumi, sotto il sole, la luna e le stelle. Poi successivamente cominciai a sentire sempre più che Gesù, l'uomo giusto che ha donato la vita per noi, mi portava con lui per fare una esperienza che successivamente avrebbe stravolto tutta la mia vita; ho camminato molto scaricando le tensioni e le scorie della vita mondana, nel silenzio e nella meditazione mi sentivo sempre più libero e pieno di pace, non avevo nulla con me, eppure era come se avessi tutto".
Come spinto da "un vento impetuoso", disse ancora Biagio Conte spiegando come nacque la sua vocazione per i poveri, "ho iniziato a camminare, da pellegrino, attraverso le regioni d'Italia fino ad arrivare ad Assisi, da San Francesco, a cui ho tanto sentito di ispirarmi per la sua profonda umiltà e semplicità e per l'aver donato la sua vita per Gesù e per il nostro prossimo. Durante il lungo viaggio ho incontrato diversi poveri e trasandati che mi riportarono alla mente quei volti poveri e sofferenti che vedevo nella città di Palermo".
Piano piano ha iniziato a capire il progetto "Missione": "Dedicare la mia vita per i più poveri dei poveri". Non aveva mai avuto nessuna esperienza del genere: "Dopo l'arrivo ad Assisi, davanti la tomba di San Francesco, nei luoghi dove il Santo ha dedicato e donato la sua vita, sentii nel mio cuore di vivere la mia vita da missionario. Ebbi una reazione impulsiva, volevo andare in Africa o in India, e invece mi sento riportare nella città dove non volevo più tornare, Gesù ha voluto che la Missione nascesse proprio nelle strade di Palermo; partendo dalla stazione centrale tra i vagoni e le sale d'aspetto, angoli di strada, marciapiedi, panchine dove tanti fratelli dormivano e passavano intere giornate tra l'indifferenza più assoluta".
La società li chiama barboni, vagabondi, giovani sbandati, alcolisti, ex detenuti, separati, prostitute profughi, immigrati, "ma dal momento che ho sentito il coraggio di incontrarli e abbracciarli, li ho chiamati fratelli e sorelle, senza farli sentire inferiori o diversi da noi tutti. Ero felice - disse Biagio Conte - di vivere con loro alla stazione, di aiutarli e confortarli, mi prodigavo a portare loro thermos con latte e the caldo, panini e coperte per ripararli dal freddo".
Fu un'esperienza forte "e cominciai a chiedere aiuto a tutti, e andai pure alla Curia di Palermo dal cardinale Pappalardo, il quale capì quel giovane che andò a bussare alla sua porte e decise di venire alla stazione per celebrare una messa insieme a tutti i fratelli ultimi sotto i portici della stazione; è stato un momento indimenticabile che mi incoraggiò molto e soprattutto aprì gli occhi della città sui tanti fratelli poveri che vivevano per strada, non considerati da nessuno, come se fossero scarto e rifiuto".
Da questa esperienza alla Stazione Centrale di Palermo, decise di non tornare più a casa dei genitori, per condividere per sempre la sua vita con i fratelli ultimi: "Inizia così la Missione che sentii di chiamare Missione di speranza e carità. Si scopre un progetto di Dio sconvolgente, ricco di Speranza e Carità, che a distanza di quasi trent'anni dal suo nascere ha coinvolto e continua a coinvolgere uomini e donne di ogni ceto sociale, anche capaci di cambiare radicalmente il loro modo di vivere per diventare missionari e missionarie della speranza e della carità, per operare nei luoghi di emarginazione delle grandi metropoli".