AGI - Alla violenza dentro e fuori gli stadi “non ci può essere soltanto una risposta di tipo poliziesco. Serve un modello di sistema, servono soldi. In Inghilterra hanno speso miliardi per cambiare gli stadi ed eliminare gli hooligans, e ci hanno messo anni. Servono scelte chiare e investimenti certi”. Giovanni Francesio, 52 anni, direttore editoriale della narrativa italiana di Mondadori, studia e osserva il tifo organizzato almeno da una ventina d’anni, essendo lui stesso un uomo di curva, quella del Mantova.
Sul mondo dei tifosi di calcio ha scritto due libri: ‘Tifare contro’, del 2008, scritto per Sperling & Kupfler, e ‘A porte chiuse’, con Lorenzo Contucci nel 2013 per Hoepli).
“Volevano cacciare i violenti dagli stadi, hanno cacciato tutti tranne i violenti”, dice in questa intervista all’AGI citando una quarta di copertina di un suo libro. “La verità è che non si sono mai investiti soldi per mettere in sicurezza il sistema, non si è scelto un modello”.
Francesio cita l’esempio inglese: “Stadi nuovi, costosi, una politica se volete elitaria del tifo, biglietti cari, ed ecco che allo stadio entrano persone di una certa estrazione, che ha molto da perdere ad assumere comportamenti violenti. Gli hooligans sono spariti”. Ma c’è anche il modello tedesco, opposto. “Esatto, politica popolare sugli ingressi, poche regole certe, semplice che però vengono fatte rispettare”.
I sindacati di polizia, in queste ultime ore, hanno detto che il daspo non funziona, non è efficace, forse dentro gli stadi c’è un po’ meno violenza di un tempo, come dice anche il ministro Piantedosi, ma fuori, subito fuori, non è cambiato nulla dagli Anni Ottanta. Servirebbero regole più rigide.
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— COISP Polizia (@COISPpolizia) January 9, 2023
“Sono d’accordo – spiega Francesio – il daspo non ha funzionato. È stato applicato spesso in modo ingiusto, non ha tenuto fuori i violenti, ha portato a rancori, rivendicazioni. Bisogna capire anche se funziona o non funziona la flagranza differita attraverso le immagini. Oggi le forze dell’ordine possono intervenire dopo, riprendendo volti e targhe. È un bene che la polizia spesso non intervenga, intendiamoci, perché peggiorerebbe le cose, potendo invece intervenire dopo. Ma non è nemmeno vero che dentro gli stadi, sulle tribune, in curva, la violenza sia stata ridotta", aggiunge lo scrittore.
"È di pochi mesi fa l’episodio della curva dell’Inter che si svuota per volontà degli ultras, che hanno costretto ad uscire a calci anche chi non ne aveva nessuna intenzione, magari anche solo perché aveva pagato un biglietto non economico”.
A fine ottobre 2022 i tifosi nerazzurri abbandonarono San Siro all'intervallo dopo aver appreso la notizia della scomparsa di Vittorio Boiocchi, storico capo ultra ucciso a Milano.
"Dentro gli stadi la situazione non è per niente sotto controllo. E fuori gli scontri ci sono sempre stati, solo che adesso li vediamo di più, perché ci sono i video fatti con i telefoni e i social per condividerli".
Quindi lo scontro sull'A1 tra ultras romanisti e napoletani è lo stesso in cui ci si poteva imbattere 40 anni fa?
"Sì, ma allora ne sapevamo meno. Come non ricordare i Furiosi di Nanni Balestrini, sugli ultras del Milan. Nel libro si racconta di quella volta che ultras rossoneri e della Samp si incrociarono su due treni in una stazione, fermani i treni e si picchiarono per due ore bloccando tutto".
Le società di calcio sono in qualche modo responsabili?
"Credo che questo sia un tema molto sopravalutato e parziale. I rapporti tra società e ultras riguardano poche piazze, grandi piazze. Ci sono dei casi, ma ci sono anche casi virtuosi. Alcune società hanno pagato anche un prezzo in termini di contestazioni di rapporti, penso alla Juventus. Il rapporto ambiguo con le società non è un vero problema, in Italia non lo è mai stato".
Cosa fare subito?
"Usare la memoria e non pensare di risolvere solo con una risposta poliziesca. Non è randellando e arrestando la gente che si affronta il problema"