AGI - Nemmeno quattro ore è durata, la pace imposta dal lutto. Anzi, non è nemmeno iniziata perchè Joseph Ratzinger era ancora esposto all'altare della cattedra che già erano iniziate le critiche al suo successore. Forse è questione di un semplice sfogo, dopo anni a condividere un silenzio imposto dall'opportunità e accettato dal Papa Emerito; forse però quel lungo confronto che stride sottotraccia nella Chiesa da dieci anni si avvia a vivere una nuova fase, magari con nuovi protagonisti. Perchè se è vero che l'anagrafe, oltre al resto, stava facendo il suo corso, e plasmava la grande famiglia dei cattolici sempre un pò più come la vorrebbe Bergoglio, da oggi Ratzinger non è più un predecessore talvolta un pò ingombrante: è un'icona, un simbolo, una memoria. E le icone, come i simboli, come le memorie hanno bisogno di un custode che ne preservi la corruzione e ne impedisca l'appropriazione altrui, concedendola a grani e decidendo modi e tempi di condivisione.
Ripetiamo: forse è solo un flusso di parole che hanno rotto la diga del decennale silenzio non desiderato, ma subito. Però se esce un libro, se si fa un'intervista la cosa è meditata, il che autorizza a immaginare quale stampo darà la forma che si è scelta, al futuro della Chiesa. Non sarà un futuro tranquillo.
Per capire le parole di monsignor Georg Gaenswein occorre risalire al precedete, che poi fu l'ultimo caso in cui il nome di Ratzinger venne speso in una diatriba riguardante il magistero. Gennaio 2021, esce un libro a firma del cardinal Sarah, fedelissimo al Papa chiunque egli sia ma intanto critico con Bergoglio. Il titolo è eloquente, "Dal profondo dei nostri cuori", la tesi quasi banale, ma delicatissima: il celibato dei sacerdoti è qualcosa che non si può toccare. Il fatto è che Papa Francesco sta per pubblicare una esortazione dedicata all'Amazzonia in cui pare voglia accettare che alcuni laici sposati, in quei posti dispersi, possano adempiere a doveri tipici del sacerdozio, e così - si teme - verrebbe a modificarsi con la pastorale, la dottrina.
Scontro nelle Sacre Stanze
Alla fine quel passaggio, in Querida Amazonia, non ci sarà; semmai ci sarà il contrario. Intanto però lo scontro nelle Sacre Stanze è rapido e al fulmicotone. Alla fine Ratzinger si dichiara estraneo a tutta l'operazione editoriale, Sarah però ribatte di aver fatto tutto alla luce del sole. Certe cose Ratzinger le avrebbe davvero scritte, in scienza e coscienza. Passa il tempo e Gaenswein, presentato sulle prime come l'uomo che alla fine ci ha messo una pezza, viene silurato. Adesso, dal profondo del suo cuore, si toglie un sassolino. Con un altro libro.
Bergoglio, togliendomi di fatto l'accesso a Santa Marta e relegandomi nel convento in cui Benedetto XVI si andava spegnendo lentamente, fece di me "un prefetto dimezzato", commenta amaro in un testo scritto a quattro mani con un giornalista, Saverio Gaeta, e dal titolo enfatico, "Nient'altro che la verità". Nella sua ricostruzione emerge da parte di Francesco un vero e proprio sgarbo doppio: a lui e al povero Benedetto. A lui viene detto che manterrà la carica, ma non l'incarico. A Ratzinger, che cerca di intercedere, si replica nel modo più eloquente possibile: non cambiando idea. In altre parole, Bergoglio agisce d'imperio: altro che intesa e immaginarie finali di calcio viste sullo stesso sofà.
Ancora ventiquattr'ore prima era stata lanciata la prima accusa, più sottile e magari più efficace, per dipingere un Bergoglio autoritario e di inutile rottura con il predecessore, che aveva riaperto le braccia ai riottosi lefebvriani ultraconservatori, amanti della messa in latino. Poco importa che uno di loro, poi, abbia riaperto vecchie ferite negando l'Olocausto e segnando così agli occhi dello stesso Pontefice ancora nel pieno dei poteri la fine del tentativo di riappacificazione.
Gaenswein nuovo punto di riferimento per i tradizionalisti?
Quel che Padre Georg ha sottolineato, a funerali ancora da celebrare, in una intervista ad una testata tedesca è che la decisione di Bergoglio, che mise la mordacchia ai celebranti in latino, spezzò il cuore dell'anziano predecessore. Inutile dire che il segnale mandato agli ambienti conservatori della Chiesa è chiaro e forte, come chiaro e forte è la critica ai metodi bergogliano nel libro uscito oggi.
La materia è magmatica, quindi ancora informe e soprattutto bollente. Meglio maneggiarla con cura. Quel che inizia a emergere è comunque un fronte ben poco in linea con Bergoglio che rischia di trovare una bandiera facile da sventolare nel papa emerito defunto ed un front runner di assoluta affidabilità, spendibilità e anagraficamente giovane. Tutti gli altri, i Burke ed i Sarah, sono incanutiti e dal giorno dell'inizio del pontificato bergogliano qualcuno di loro è tornato alla casa del Padre. Georg Gaenswein è di una generazione successiva, il che ne accresce il valore.
Anche per questo un uomo cauto e privo di verbosità come il segretario di stato, Pietro Parolin, è uscito questa mattina con un'intervista al Corriere della Sera, in cui invece torna ad esaltare il rapporto di comune intesa tra i due papi. Anzi, proclama la sconfitta di chi voleva mettere l'uno contro l'altro. Perchè l'anima profonda della Chiesa assiste a tutto questo sobbollire e non ne è per nulla contenta.