AGI - Jeans strappati sopra le ginocchia e sneakers bianche ai piedi mentre cammina in via Ugo Bassi, nel cuore di Bologna, con il rap di Sfera Ebbasta nelle orecchie. Passi decisi e ‘profumo’ di libertà.
Saman Abbas era anche questa, non solo la timida 18enne con l’hijab nero e un sorriso appena accennato, ritratta nell’immagine ufficiale diffusa dopo la sua scomparsa. La giovane pachistana, svanita nel nulla il 30 aprile 2021, era determinata, coraggiosa, sognava una vita diversa rispetto al ‘futuro’ deciso per lei dalla sua famiglia. Si era ribellata ad un matrimonio islamico combinato dai genitori.
I resti umani trovati vicino all’abitazione di Novellara, il 18 novembre scorso, hanno dunque confermato quello che fin dalle prime ore ha ipotizzato la Procura reggiana: Saman è stata uccisa. Un omicidio d’onore, secondo gli inquirenti, che hanno indagato il padre, la madre, lo zio e due cugini della ragazza.
Saman combatteva contro una vita da ‘reclusa’ imposta dai suoi familiari. Per questo, ipotizzano investigatori ed inquirenti, è stata uccisa. Aveva un fidanzato, un connazionale conosciuto sui social. Un ragazzo con cui forse voleva scappare per iniziare una nuova vita. I suoi familiari, secondo quanto ha denunciato lo stesso giovane, sono stati minacciati di morte dalla famiglia di Saman contraria alla relazione.
La 18enne, da varie testimonianze, era determinata ma allo stesso tempo terrorizzata dal padre. Nei quindici secondi del video pubblicato su Tik Tok nel giorno del suo 18esimo compleanno, Saman appare come una delle tante ragazze che si incrociano per strada. In realtà la sua è una storia non comune. Quel giorno ‘speciale’, infatti, non lo trascorre in famiglia come la maggior parte delle coetanee. Ma in una comunità protetta, nella periferia del capoluogo emiliano.
Per Saman i parenti sono una minaccia, rilevano gli investigatori. Da quando denuncia il padre e la madre perché costretta a nozze combinate con un cugino, i servizi sociali di Novellara, comune della Bassa Reggiana, attivano la procedura d’urgenza: nel novembre 2020 viene trasferita nella struttura di protezione. Gli assistenti sociali la ‘intercettano’ dopo una prima fuga da casa già nell’estate dello stesso anno.
Una prima reazione ai rigidi paletti imposti dal padre. Secondo alcuni testimoni era andata in Belgio. Poi torna nel piccolo comune reggiano di 13mila abitanti, tra le mura del casolare poco distante dall’azienda agricola dove lavorano i parenti.
Basta scappare: è la stessa Saman in autunno a chiedere aiuto ai servizi sociali per dire no al matrimonio combinato in Pakistan con un cugino. Così le nozze già fissate per il 22 dicembre, quattro giorni dopo il 18esimo compleanno della ragazza, non si celebrano.
E i carabinieri denunciano il padre e la madre della giovane per costrizione al matrimonio. Dopo alcuni mesi trascorsi in comunità, l’11 aprile 2021 Saman decide di tornare a casa. Ha in programma un breve soggiorno. Vuole prendere i suoi documenti la carta di identità, ed andarsene via di nuovo. Probabilmente vuole partire con il fidanzato. Svanisce nel nulla il 30 aprile 2021.
Gli investigatori non hanno dubbi: è stata uccisa dai familiari. Ora si attende la pronuncia dei giudici con le parti che si confronteranno in aula dal 10 febbraio prossimo.